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Addio Totocalcio, ultima speranza

La schedina sta per andare in pensione, anche se funzionava e agli italiani piaceva

Addio Totocalcio, ultima speranza

Non c'è più la speranza, o forse ha cambiato nome. La schedina sta per andare in pensione e con lei tramonta anche un altro pezzo di mondo. La notizia arriva mentre si sta qui a vedere oscillare una manovra economica che appare e scompare, con Roma che chiama Bruxelles per rifare sotto dettatura conti su conti. È qui, in queste giornate da mercante in fiera, che arriva al capolinea la lunga storia del Totocalcio. L'ultima stazione è un emendamento, scritto dagli stessi relatori della legge finanziaria, quindi di fatto approvato, Totogol, il «9» e appunto la vecchia schedina, quella di 1 X 2, con gli azzardi fuori casa, la monotonia dei pareggi, i sistemi fatti a mano, senza algoritmi e matematici di professione. Al suo posto ci sarà un nuovo gioco, tutto da inventare, ma con la promessa di grillini e leghisti di farlo etico e divertente, gestito sempre dallo Stato, senza dipendenze e ludopatie, tanto che potrà essere pubblicizzato in deroga a quel decreto dignità che limita gli altri giochi d'azzardo.

È vero. Il Totocalcio da decenni è fuori moda, ci giocano quelli dei bari di una volta, magari un po' nostalgici o i quei simpatici burloni che vanno controtempo e controcorrente, solo che ti resta sempre un po' di malinconia quando si manda al macero una leggenda.

È una di quelle storie che non sembrano vere. La guerra è finita da un anno e un giornalista ebreo della Gazzetta dello Sport, che era sfuggito alle leggi razziali trovando rifugio in Svizzera, si inventa un gioco sul calcio e la fortuna, un modo per scommettere alla buona sulle partite del campionato. Si chiama Massimo Della Pergola. La prima schedina è del 5 maggio 1946, costa 30 lire, si vince ancora con il 12, quel giorno il Genoa pareggia con il Como, il Novara batte il Legnano e a vincere è un signore di Milano, originario di Roma, un certo Emilio Biasotti, che si mette in tasca 496.826 mila lire. Il colpo da maestro è di aver puntato sulla vittoria dell'Inter contro la Juventus, con gol di Romano Penzo al 4 minuto del secondo tempo. Uno fisso: era un altro 5 maggio.

La schedina funzionava e infatti lo Stato disse a Della Pergola: grazie, ci pensiamo noi. La gestione passò al Coni, che con quei soldi ci organizzò le meravigliose Olimpiadi di Roma. È l'Italia che crede nei miracoli e si affida, a partire dagli anni '50, alla speranza di un 13. Il 13 che da noi non porta sfortuna, ma è il numero che ti cambia la vita.

Il 13 è la soddisfazione e il sogno di poter dire a chi ti taglia lo stipendio «me ne vado», con tanto di gesto dell'ombrello.

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