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Abedi, strana parabola: ministeri, ambasciate e i legami con gli ebrei

Il clan uno dei più noti della Cirenaica. Sempre conservatori, mai estremisti

Abedi, strana parabola: ministeri, ambasciate e i legami con gli ebrei

Alcuni membri della famiglia avevano preso da tempo le distanze da Salman Abedi, il 22enne di origine libica responsabile della strage di Manchester. Nelle ore successive all'esplosione suo padre e un fratello sono stati arrestati con l'accusa di essere affiliati all'Isis. Intanto è iniziata la corsa sui giornali a prendere le distanze dagli Abedi, indicati come «molto religiosi» poiché originari di Derna, sulle Montagne Verdi, «una delle zone più conservatrici della Cirenaica». Conservatori non significa estremisti: al contrario, con re Idris al-Senussi (1951-'69) prima, e con Muammar Gheddafi ('69-2011) poi, gli al-Abedi si sono distinti come servitori dello Stato.

Lo ricorda qualcuno che li conosce da tempo. «Quando il capo dei capi della tribù, Alì Pascia Abedi, morì, mio padre inviò un telegramma di condoglianze al figlio». Lo racconta al Giornale Samuel Zarrugh, ebreo libico bengasino che ha lasciato il suo Paese natale nel 1967, sull'onda dei pogrom riesplosi in Libia dopo la Guerra dei Sei Giorni. Il telegramma, della fine degli anni '50, è la prova dei rapporti rispettosi che esistevano fra la tribù e la comunità ebraica della Cirenaica: un concetto lontano anni-luce dal fanatismo dell'Isis e degli estremisti islamici in genere. Quella degli «Abeidat» questo il nome arabo della tribù non era l'eccezione che conferma la regola: «La loro non era forse la più importante, ma di certo la tribù più numerosa della Cirenaica». Alla morte di Alì Pascià, il figlio Hamed assunse la leadership degli Abeidat, continuando a servire il sovrano islamico moderato, aperto all'Occidente. Fra i numerosi incarichi ricoperti da Hamed al-Abedi ci fu anche quello di ministro dell'Agricoltura. «Sarà stato il 1957 o il 1958, quando al-Abedi concesse a una famiglia ebraica bengasina il monopolio della produzione del vino rosé di Sussa Apollonia, imponendo una sola condizione: non venderlo a fedeli islamici». La regolare frequentazione fra ebrei e musulmani in Cirenaica non era invece monopolio di nessuno: anche Abdelhamid El Aabbar, capo degli Awaghir - premiato con la presidenza del Senato da re Idris per aver combattuto contro gli italiani «era sempre ospite della famiglia Bidussa». Zarrugh, già presidente della comunità ebraica di Livorno, continua a coltivare l'antica amicizia e parla al Giornale dopo aver fatto gli auguri ai suoi amici libici di Manchester per l'inizio del Ramadan. «L'imbarazzo è grande, e grande la condanna nei confronti di questo ragazzo e della famiglia che non l'ha educato bene». La rete di contatti con la diaspora libica, ebraica o musulmana, intessuta da Zarrugh è fitta: «Anche i Barata sono contrariatissimi», racconta menzionando il nome di un'altra tribù di Cirenaica, il cui leader era stato capo della polizia sotto re Idris.

Lo sguardo di Zarrugh sulla Libia copre anche tempi molto più recenti. Nel 2004, con altri ebrei libici in Italia, incontra a Perugia Saadi Gheddafi, terzo figlio del Colonnello. La Libia subisce le sanzioni per Lockerbie, e Gheddafi cerca di migliorare la propria immagine invitando i suoi ex connazionali ebrei a discutere con lui di riparazioni per le violenze e le espropriazioni subite. A organizzare l'incontro è l'allora ambasciatore a Roma Abdelati Laabedi, esponente della stessa tribù tornata alla ribalta per i fatti di Manchester. L'incontro con il volubile Colonnello non ci sarà mai, ma la carriera di Laabedi non si interrompe. Nel 2011, poco prima del golpe anti Gheddafi, è ministro degli Esteri.

Incarcerato e processato, a marzo 2015 Laabedi è stato prosciolto da ogni accusa, «è adesso è tornato a vivere sulle Montagne Verdi in Cirenaica».

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