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"Adesso la chiamiamo leggera ma il principio attivo fa stordire"

È un brand di successo che fa vendere anche magliette e gioielli

"Adesso la chiamiamo leggera ma il principio attivo fa stordire"

Milano - «Credo che il sogno di chi investe in questo prodotto sia quello di allargarne ancora di più il consumo. Forse per questo motivo, quasi ogni giorno, la rete costruisce un'ampia risonanza per notizie che ci presentano la cannabis come una sostanza benefica, addirittura una medicina che può far bene in patologie di ogni tipo, senza danni o effetti collaterali e non solo agli uomini, ma anche agli animali. Per questo può essere usata per curare ma anche per prevenire. A suo modo la cannabis si sta trasformando in una sorta di panacea che ricorda il fungo cinese che, negli anni '50 del secolo scorso, si diffuse nelle case degli Italiani per fare beveroni che, comunque, facevano bene, anche se nessuno aveva propriamente capito a cosa».

Riccardo C. Gatti si schernisce un po' davanti alla sua esatta ma complicata qualifica: direttore del Dipartimento interaziendale prestazioni erogate nell'area dipendenze e direttore Uoc (Unità operativa complessa) programmazione studi e ricerche nell'area dipendenze dell'Azienda socio sanitaria territoriale Santi Paolo e Carlo.

Gatti, sarà la cannabis la nuova camomilla del futuro, se ne userà di più fino a ritrovare qualche parvenza dell'effetto originale oppure ancora sarà un mezzo per accostare ai consumi persone che mai avrebbero pensato di farlo?

«Difficile a dirsi ma la cannabis light fa comunque parte del brand e, quindi, vende a prescindere. Intanto il partito dei consumatori diretti o indiretti del prodotto o del brand diventa più grande e, complice l'idea che tutti consumano cannabis o l'hanno consumata o la consumeranno, anche se non è vero, incomincia a poter avere un peso condizionante sulle scelte politiche».

Suvvia, non sarà certo il partito della cannabis a decidere le prossime elezioni...

«Oggi sembra (ancora) una battuta, ma domani potrebbe non essere più così. Intanto gli investimenti nel prodotto rendono sempre di più. Nessuno si domanda se siamo di fronte a un prodotto davvero sicuro, anche perché la cannabis non è una sola. Preferiamo chiamarla droga leggera, qualunque essa sia, anche quando il principio attivo è così alto da stordire».

Ma non si può ridurre tutto questo a un fenomeno meramente economico!

«Quando sostengo che la cannabis sta diventando un brand voglio dire che altri oggetti che nulla hanno a che fare con la pianta - una maglietta, un calendario, un gioiello con l'effige della cannabis - vendono diventando contemporaneamente un oggetto promozionale della cannabis stessa».

Allora cosa cercano tante persone in un prodotto che nemmeno più si capisce esattamente quale sia?

«Forse ci accorgeremo che le proprietà reali della cannabis non hanno nulla a che fare con il suo successo commerciale. Forse chi la consuma, nelle sue diverse forme, non ne sa esattamente la ragione, a differenza di chi la vende. In un filmato un ragazzo la chiamava la pianta benedetta. Benedetta da chi e perché, è tutto da capire...

».

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