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Adesso il piumino si fa in tre È l'ora del trasformismo...

Il cappotto Parcoats tagliato in fondo diventa giacchino da sera, la parte che resta una stola per lei

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Firenze Tridimensionale, multifunzionale, esperienziale, modulare e trasformista. Per descrivere la moda uomo del prossimo inverno in scena a Firenze fino a domani, si possono usare mille aggettivi nessuno dei quali banale. Da tempo non si vedeva una ricerca così approfondita di caratteristiche nuove per vecchi capi quali il piumino o duvet che dir si voglia e il giaccone lungo o cappotto corto in maglia e tessuto. Prendiamo il caso di Parcoats Firenze, marchio nato dall'idea di unire parka e cappotto, i tessuti fantasia dipinti a Como con il fresco di lana e la tela cordura dei capi militari, l'eclettismo di due stylist come Simone Guidarelli e Masha Brigatti con la solida tradizione imprenditoriale della famiglia Allegri, da quattro generazioni nel mondo del rainwear e dello sportswear d'alta gamma. Il risultato è una lucida follia sotto il segno della trasversalità perché lo stesso cappotto tagliato in fondo come un parka diventa un giacchino da sera e la parte che avanza diventa una stola per lei oppure una mantellina da postiglione per lui.

Invece il rigoroso taglio del pastrano militare assume una nuova morbidezza sotto la cappa fantasia che sta benissimo con il verde militare ma anche con le tinte zuccherose tipo rosa confetto. Insomma una cosa nuova nel mare magnum di un Pitti sotto il segno di una concretezza che non annoia. Perfino Y/Project, marchio disegnato da Glenn Martens, guest designer di Pitti 95, brilla per innovazione nel solco di una tradizione interessante. 35 anni, nato a Bruges, studi di architettura e design prima di specializzarsi in moda e lavorare con Jean Paul Gaultier, Martens ha fatto sfilare ieri una bella collezione piena di idee plausibili. Una per tutte la tridimensionalità data da doppiature di tulle sui pullover ma anche da tagli e sovrapposizioni intelligenti sul trench, sulla giacca-camicia e perfino sui pantaloni con una sorta di soffietto regolato dalla cintura. Peccato il freddo ladro perché la sfilata si è svolta all'aperto e di sera nel Chiostro di Santa Maria Novella. Per resistere a simili temperature l'unica è un piumino e i più belli sono pieni di idee. Quelli firmati K-Way si dividono in tre, hanno la trapunta che riproduce il disegno di un igloo, colori cangianti e materiali sorprendenti tipo eco-pelle doppiata in orsetto di poliestere. Strepitosi quelli di Chimborazo marchi con una forte vocazione ecologica (tutti i tessuti vengono dal riciclo delle famigerate bottiglie di plastica) ma anche tecnologica perché dentro giacche e sciarpe rigorosamente reversibile corre una resistenza alimentata con power bank che porta la temperatura del capo a 25, 35 o 45 gradi. «Ormai il piumino è un capo quattro stagioni: componibile, con le trapuntature più larghe e staccabili, tessuti lucidi e colori pazzeschi» dice Giulio Colombo ad di Colmar, lo storico brand di Monza che ha fatto del recupero delle proprie tradizioni il trampolino di lancio di una vera innovazione. Originals by Originals di Colmar è un inno agli anni '70 ma con la potenza d'immagine dell'epoca dei selfie. Lo stesso si può dire di Kappa con quel logo degli omini che diventa banda laterale, fantasia all over, motivo di orgoglio italiano e di ornamento in generale.

Tutta diversa la storia di Barbour che a questo Pitti celebra 125 anni di business familiare in un'oscura cittadina scozzese che per la cronaca si chiama South Shields e ha dato i natali a Ridley Scott e al posto del logo ha ben 4 by Appointment, ovvero l'attestato di fornitore gradito della real casa britannica. Impermeabilizzato da una cera che fino a qualche anno fa puzzava moltissimo, il Barbour adesso profuma di nuovo grazie alle soluzioni stilistiche tipo zip e press botton dorati, tagli e vestibilità ripensati, modelli aggiunti al classico assortimento di giacconi da caccia e pesca, da motociclista o da cavalcata nei giorni di pioggia. Resta intatto il fascino: country chic made in England, anzi nella Scozia del whisky, del kilt, degli Highlander e della rivoluzione giacobita consegnata di recente al mito dalla serie televisiva Outlander. Viene da lì anche Drumhor, il più antico marchio di maglieria del mondo (è del 1770) oggi controllato dal Gruppo Ciocca di Brescia e disegnato da Jan & Carlos, una coppia di stilisti americani che vivono in Italia da anni e hanno un gusto sconfinato sul fronte colori, materiali e proporzioni. Se Downton Abbey fosse ambientato ai giorni nostri, tutti gli uomini a cominciare dall'elegantissimo visconte di Grantham vestirebbero così. Sublimi gli accostamenti di colore (giallo girasole e cammello, turchese e vinaccia giusto per citarne due tra mille), ricchissime le fantasie maschili. Ultrachic nel suo sportivo sapore anche la collezione di Doriani Cashmere con le giacche in lana e cashmere, le maniche in pesante maglia malfilè e il cappuccio staccabile.

In pratica tre capi in uno.

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