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Adinolfi attacca Renzi, Mattarella e la Cei sulle unioni civili

Il direttore de La Croce, in un post su Facebook, descrive il retroscena della Meli come scritto su commissione da Renzi

 Adinolfi attacca Renzi, Mattarella e la Cei sulle unioni civili

Mario Adinolfi contro tutti. All’ ex co-fondatore del Pd, ora direttore del quotidiano La Croce, non è proprio piaciuto né il retroscena scritto da Maria Teresa Meli sul ddl Cirinnà né l’endorsement fatto da due deputati dem a favore delle unioni civili e pubblicato proprio da Avvenire, il giornale della Cei.

In un lungo post su Facebook, Adinolfi spiega che “Maria Teresa Meli è la giornalista che Renzi usa per far circolare le sue intenzioni, quando non vuole assumersene direttamente la responsabilità”. Il direttore della Croce, basandosi sulla “conoscenza delle logiche del Partito democratico, in particolare del mondo renziano”, avendo anche aver sostenuto da deputato Matteo Renzi nella sua ascesa ((quando i parlamentari renziani erano dodici su quattrocento…)”, chiarisce che “Far fare una paginata alla Meli sul Corriere della Sera equivale a dire: “ ‘Voglio vedere che effetto fa se dico che varerò le unioni civili’”. Un’operazione mediatica identica a quella fatta ad ottobre, nei giorni del Sinodo con cui la Chiesa aprì ai gay, col giornalista di Repubblica Francesco Bei che parlò di un incontro tra Renzi e il cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano, oltre che del cardinale Bagnasco, presidente della Cei, con cui il premier avrebbe ottenuto il sì della Chiesa sulle unioni civili. “Il suo intelligente portavoce Filippo Sensi - scrive Adinolfi attaccando ancora il servilismo dei suoi colleghi giornalisti - chiama la Meli o chiama Bei e assegna il compito. Maria Teresa Meli è in assoluto la giornalista che lo esegue meglio, di cui a Palazzo Chigi si servono con maggiore assiduità”.

L’invettiva contro il Pd renziano, poi si spinge a criticare Antonello Giacomelli e soprattutto Francesco Saverio Garofani per la loro lettera ad Avvenire. Garofani è il bersaglio principale di Adinolfi in quanto legatissima al Presidente della Repubblica “fin dai tempi in cui era direttore responsabile del quotidiano il Popolo con lo stesso Mattarella come direttore politico”. Scrivere al quotidiano della Cei, spiega il giornalista con un passato anche nella diccì, “nel linguaggio in codice della politica” significa “mandare un messaggio per vedere che reazione ci sarà: la presidenza della Repubblica intende sapere come reagiranno i vescovi se si dovesse insistere sulla strada dell'approvazione del ddl Cirinnà”. Il punto politico sia del pezzo della Meli che della lettera di Garofani è un modo per Renzi e per Mattarella per chiedere “la Chiesa italiana con chi sta? Con il popolo di piazza San Giovanni o con chi vuole varare il ddl Cirinnà?”. E da parte qui l’invito di Adinolfi affinché la Cei si esprima con chiarezza sulle unioni civili senza voler “tirare Francesco per la mantellina” anche se “dopo la sentenza della Corte suprema americana sarebbe opportuna la presa di posizione del Papa, ma - precisa - non oso chiederla”. Secondo Adinolfi “una parola chiara della Chiesa italiana può produrre l'evidenza di un principio da salvaguardare, che tra l'altro non ha nulla a che fare con ossessioni sessuofobiche”. A differenza dell’America, conclude il direttore de La Croce, “l'Italia è culla di una civiltà altra, diversa.

La Chiesa italiana ha una parola netta da dire per dare coraggio a chi il coraggio l'ha già avuto, dimostrando di essere pronto a mobilitare le piazze contro il tradimento e la violazione di quella cultura fatta di accoglienza ed amore veri per il soggetto realmente più debole? Ha ancora voglia di essere non conformista, la Chiesa italiana?”.

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