Politica

Aldo Moro, ok della Camera alla relazione della Commissione: saranno desecretati migliaia di atti

La Camera approva la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta (la terza) sul rapimento e la morte di Aldo Moro. Ipotesi depistaggio su Casimirri: atti trasmessi alla procura di Roma

Foto d'archivio
Foto d'archivio

Via libera dalla Camera dei deputati alla relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta (la terza) sul rapimento e la morte di Aldo Moro. Nei suoi lavori la Commissione ha acquisito 2250 documenti per circa 700mila pagine, con 440 operazioni investigative svolte. Il presidente Giuseppe Fioroni promette che "sarà tutto desecretato, eccetto i documenti che sono oggetto di indagine della procura e quelli provenienti dai servizi segreti esteri". Fioroni è convinto che sul caso Moro c’è ancora molto da sapere: "Il memoriale di Valerio Morucci è solo la definizione del perimetro delle cose dicibili. La Commissione ha verificato che già nel 1984-1985, a soli 5 anni dall’arresto, Morucci aveva assunto un ruolo di interlocutore dell’amministrazione penitenziaria per la definizione delle politiche in tema di dissociazione e, soprattutto, aveva veicolato, per il tramite del Giudice Istruttore Imposimato e di suor Teresilla Barillà, a Pecchioli e Cossiga la proposta di dire loro quanto sapeva del sequestro Moro. Particolarmente rivelatore in questo senso è una nota che il Presidente della Repubblica Cossiga inviò all’allora ministro dell’Interno Scalfaro nel 1985. Inoltre, dal 1986 e almeno fino al 1990, esistono molti elaborati che Morucci e Faranda scrissero per il Sisde, a dimostrazione che esisteva con i Servizi un rapporto di tipo consulenziale. Morucci divenne da semplice 'postino' delle Br il leader dei dissociati. Il memoriale Morucci fu a disposizione del Sisde già nel 1988, ma questo pervenne all’autorità giudiziaria solo nel 1990".

Sulla collaborazione di Morucci con i servizi segreti italiani Fioroni prosegue: "Lo stesso Morucci affermò nel 1990 ai pm Ionta e Palma, riguardo al suo memoriale, che 'alcune parti possono essere state redatte da me, ma non ricordo di avere steso l’intero elaborato'. E in effetti le caratteristiche del testo sembrano più rimandare a un dossier elaborato im ambito dei Servizi che non all’opera di un singolo. La costruzione della verità giudiziaria sulla vicenda Moro appare dunque legata all’azione di una pluralità di soggetti che operarono attorno al percorso dissociativo di Morucci".

La relazione approvata dalla Camera evidenzia altri punti interessanti: "I contatti tra brigatisti e palestinesi cominciarono già nel 1974. Il 17 febbraio 1978 il colonnello Giovannone, capocentro del Sismi in Libano, ebbe indicazioni che un attacco terroristico rilevante sarebbe avvenuto nel nostro Paese. Il sequestro Moro avvenne il 16 marzo 1978 e Moro non aveva neppure l’auto blindata".

"Nel corso del sequestro, i movimenti palestinesi si attivarono per ricercare un’interlocuzione con i brigatisti finalizzata a salvare la vita di Moro. L’analisi di questo tentativo, fortemente promosso dal colonnello Giovannone, rivela che proprio mentre Giovannone partiva da Beirut per Roma assicurando che era stato trovato un contatto, Moro, nelle sue lettere, chiedeva esattamente la stessa cosa: uno scambio come si era realizzato nel caso dei palestinesi che nel 1973 avevano tentato di realizzare un attentato a Ostia. Tutto ciò porta a ritenere che esistesse un reale canale politico di ritorno, con comunicazioni che non solo uscivano, ma pervenivano anche al carcere brigatista...".

"Su Alessio Casimirri, brigatista e tuttora latitante in Nicaragua, Fioroni parla chiaro: 'Fu tutelato dal Governo sandinista e dall’Italia. La Commissione ha scoperto l’esistenza di un cartellino fotosegnaletico, intestato ad Alessio Casimirri, che fino ad oggi risultava che non fosse mai stato fotosegnalato nè arrestato, compilato il 4 maggio 1982, quando era già stato colpito da più mandati di cattura. Si tratta di un documento che presenta molte singolarità, a partire dalla foto, che non è evidentemente una foto segnaletica e che pone un interrogativo molto serio. Infatti: o si verificò effettivamente un fatto abnorme, cioè un arresto del Casimirri e un suo successivo rilascio, che gli diede la possibilità di sottrarsi a due mandati di cattura e di proseguire la latitanza; oppure il cartellino, acquisito in originale dalla Commissione, riporta impronte digitali non di Casimirri e fornisce informazioni non veritiere sull’arresto e sulla data di redazione dello stesso cartellino. Cioè il cartellino è un falso e, in entrambi i casi, esistono dei profili di possibile depistaggio che la Commissione intende sottoporre con un esposto all’attenzione della Procura di Roma".

Un altro tema importante riguarda il condominio di via Massimi 91 a Roma, dove "sarebbero state parcheggiate le auto usate in via Fani. Le palazzine in questione appartenevano allo Ior e ospitavano una estrema e talora sorprendente varietà di abitanti. Insieme al cardinale Egidio Vagnozzi, si trovavano personaggi come monsignor Marcinkus, esponenti del movimento '2 giugno' come Birgit Kraatz, compagna di Franco Piperno e, in altra fase, di Lucio Magri, personaggi legati alla finanza e a traffici tra Italia, Libia e Medio Oriente, come Omar Yahia, finanziere libico, legato all’intelligence libica, statunitense e a lungo collaboratore dei servizi italiani".

A giudizio del senatore Enrico Buemi (Psi) il lavoro per la verità sul caso Moro non è ancora completato e dovrà proseguire nella prossima legislatura. Verrà ascoltato Mario Moretti, che tuttora vive in Italia? "Abbiamo tentato di ascoltare Moretti - risponde Fioroni - lui ci ha risposto con una lettera autografa con la quale spiega i motivi per i quali non intende rispondere alle nostre domande".

L’auspicio di chi vuole la verità è che una eventuale Commissione Moro nella prossima legislatura possa obbligare i più reticenti a testimoniare nonché a sottoporsi ad esami più moderni, come ad esempio quello del Dna.

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