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Alfano ai turchi: "Liberate Gabriele"

Il legale: "Ci impediscono di vederlo". Appello del padre: "Mobilitiamoci". Si muove il governo

Alfano ai turchi: "Liberate Gabriele"

La Turchia non può permettersi la drammaticità di un altro «caso Regeni». E neanche qualcosa che assomigli lontanamente a quell'orrenda tragedia. Motivo per cui la brutta vicenda del 34enne reporter italiano, Gabriele Del Grande, ora lascia spazio a un cauto ottimismo. E ciò nonostante l'apparente battuta d'arresto di ieri, quando alla delegazione composta dal nostro viceconsole e dall'avvocato turco di Gabriele Del Grande è stato impedito di vedere il giornalista attualmente detenuto nel carcere di Mugla. A dare notizia del rifiuto da parte delle autorità turche è stato il presidente della Commissione per i diritti umani, Luigi Manconi, dopo un colloquio telefonico con il legale del free-lance arrestato dalla polizia turca il 9 aprile al confine con la Siria, dove Del Grande stava girando un documentario.

Ieri il ministero degli Esteri, Angelino Alfano, ha chiesto ufficialmente al governo turco di «liberare Del Grande», ma la situazione non si è sbloccata.

«Quando stava emergendo una possibile soluzione positiva, il caso si è complicato ed è emersa la necessità di mobilitarsi», ha detto Manconi presentando al Senato un appello alle istituzioni perché si impegnino a salvare il nostro connazionale. Secondo Manconi le procedure per la liberazione «potrebbero essere non brevi», tenuto conto che sono emersi nelle accuse (presumibilmente di spionaggio, ndr) a carico di Del Grande «profili di sicurezza nazionale».

«Oggi è necessaria - sottolinea Manconi - una stretta alleanza con le istituzioni per restituire Gabriele alla sua famiglia». Ma quando si ha a che fare con gli uomini di Erdogan, nulla è scontato. Soprattutto se in ballo ci sono operatori dell'informazione. Da un regime che nega (anzi, perseguita) la libertà di stampa bisogna sempre mettere in conto eventuali colpi bassi.

Il reporter toscano ieri ha telefonato alla compagna, che vive ad Atene, dopo quasi dieci giorni di silenzio raccontando di stare bene ma di non avere più né il cellulare né le sue cose e i documenti.

«Gabriele è una persona che ha sempre dato voce a chi non ce l'ha e adesso chiede di dare voce a lui. Per questo tutti dobbiamo mobilitarci per lui, affinché torni a casa», è l'appello del padre di Gabriele.

Intanto il giornalista toscano ha annunciato uno sciopero della fame ad oltranza: scelta comprensibile, ma sbagliata. In questa fase bisogna infatti che Gabriele rimanga lucido e fisicamente forte.

Speriamo di no, ma la strada per il ritorno in Italia potrebbe ancora essere lunga e piena di insidie.

Affrontarle con un corpo debilitato dal digiuno è solo controproducente.

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