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Alfano e l'ordine pubblico: due anni di fallimenti

Alfano fa la voce grossa e parla di battaglioni di agenti in piazza. Ma alla resa dei conti, ogni volta lo stesso copione: la piazza in mano ai violenti

Alfano e l'ordine pubblico: due anni di fallimenti

Angelino Alfano fa la voce grossa e minaccia punizioni terribili per i responsabili di eventuali violenze contro la manifestazione leghista di oggi a Roma. Parla, e giustamente, di "sacrosanto diritto a manifestare". Nel frattempo, però, vieta la manifestazione e consente solo il comizio. Ma qual è stata la gestione dell'ordine pubblico a Roma da quando il ministro siciliano si è seduto sulla poltrona del Viminale, nell'aprile 2013?

Il bilancio è desolante: appena settimana scorsa poche centinaia di vandali olandesi mettevano a ferro e fuoco la capitale, devastando la fontana della Barcaccia senza che nessuno muovesse un dito. Dov'era l'ordine pubblico, si domandavano esterrefatti i turisti assiepati sulla scalinata di Trinità de' Monti. Era dai tempi del Sacco di Roma che la Città Eterna non vedeva una simile barbarie, osservavano preoccupati.

A ottobre scoppiarono grandi polemiche per gli scontri tra polizia e operai della acciaierie Ast di Terni, con quattro persone finite alla testa e portate in ospedale. Il leader sindacale Maurizio Landini era montato su tutte le furie, puntando il dito contro il Viminale e la gestione dell'ordine pubblico.

A maggio dello scorso anno c'era stato l'incredibile episodio della finale di Coppa Italia, con scontri e tafferugli tra ultras romanisti e napoletani, in un crescendo di violenza culminato nella morte dell'ultrà napoletano Ciro Esposito. E poi a ottobre 2013, quando ancora c'era il governo Letta, la città in balìa degli antagonisti, con bombe carta contro il ministero delle Finanze.

E ancora, ad ogni dimostrazione degli studenti, dei sindacati, degli operai, lo stesso copione. Con la stessa, identica, sensazione di impotenza e di amaro in bocca.

Ed i violenti a farla da padroni.

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