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Alfano, ministro degli Esteri che vola soltanto in Sicilia

Nel 2017 già 39 viaggi sull'Isola, il suo feudo elettorale. Spesso usa jet privati che ci costano 6mila euro l'ora

Alfano, ministro degli Esteri che vola soltanto in Sicilia

Quei moniti al risparmio volti alla riduzione di un debito pubblico inarrestabile, sbandierati prima come improcrastinabile spending review e poi come impegni sottoscritti in sede europea, il ministro degli Esteri Angelino Alfano, si ostina a dimenticarli. E soprattutto quando ha la necessità impellente di raggiungere la sua amata Sicilia non bada a spese. Meglio così che volare alto e rappresentare la nazione in contesti internazionali significativi per la crescita del Paese. Meglio un profilo ordinario e coltivare il proprio elettorato. Magari a spese dello Stato.

Il suo andirivieni, con la flottiglia del 31° Stormo dell'Aeronautica militare è, nei dettagli, tutto rendicontato sul portale della presidenza del Consiglio dei ministri alla voce voli di stato. È stato capace di partire da Roma per approdare a Palermo e, dopo qualche ora, ritornare a Roma. Alla stessa stregua ha volato anche da Roma alla volta di Catania per ritornare nella Capitale in giornata. E così anche l'indomani. Insomma registrazioni e carte di imbarco fanno invidia a un pilota di medio raggio. Se a dicembre scorso, quando Angelino Alfano ricopriva ancora l'incarico di ministro dell'Inteno, i voli nella Penisola e nell'isola potevano essere in qualche modo giustificati a oggi, da titolare della Farnesina, l'unica giustificazione è la campagna elettorale in Sicilia per aggiudicarsi la poltrona alta di Palazzo d'Orléans.

A gennaio scorso Alfano è volato in Sicilia, sotto la dicitura motivazione istituzionale e sicurezza, ben 6 volte. Esattamente quanto a dicembre 2016. A febbraio ha attraversato Scilla e Cariddi altre 2 volte, a marzo apparentemente non è mai atterrato in Sicilia. Ad aprile però sono 4 i voli per Catania mentre, a maggio, ha ripiegato altre 3 volte anche su Palermo. A giugno, quando le prime trattative con i politici del parlamentino regionale siciliano si sono intensificate per la tornata elettorale del prossimo 5 novembre, Alfano, ha sfruttato per ben 10 volte i velivoli militari: da gennaio già 39 voli da e verso l'Isola. Ma il ministro degli Esteri non utilizza per approdare nella sua terra natia soltanto gli aeromobili dell'Esercito piuttosto ha un debole per i jet privati, senza stemmi né livrea. Preferibilmente quelli della C.A.I. (Compagnia aeronautica italiana Spa in convenzione alla presidenza del Consiglio). Riservatissimi.

Già ma riserbo e discrezione a volte possono anche incespicare e rendere plateale l'accaduto. Il 24 agosto scorso Alfano ha presenziato a un incontro sul terrorismo internazionale assieme al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, presso il Meeting di Rimini. Ci è arrivato partendo da Catania, aeroporto Fontanarossa. Alla fine dell'incontro si è fatto riportare a Roma. Fin qui tutto torna. Peccato però che qualche ora prima di partire alla volta di Rimini Alfano era già passato per Fontanarossa. Era atterrato solo qualche ora prima, proprio in quello stesso aeroporto provenendo da Roma Ciampino con un Falcon 900 della Cai un velivolo il cui utilizzo orario vale 6mila euro, comprensivo di equipaggio e pilota. Gli aeromobili della Compagnia Cai infatti rivestono, per decreto, funzioni sussidiarie ai trasporti di Stato ma solo per esigenze governative. Vale a dire che difficilmente il ministro degli Esteri avrebbe potuto pagarlo di tasca propria. In pratica il volo preso da Alfano è il surrogato di un volo di stato e viene rendicontato come tale.

Ed è proprio sullo sperpero di denaro pubblico che punta l'indice Luca Marco Comellini, segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm). «È ora di finirla con l'uso smodato dei mezzi dello Stato. Dalle macchine per andare a vedere le partite di pallone agli aerei utilizzati come taxi per andare a casa o rientrare nella capitale dopo il fine settimana. La notizia che il ministro Alfano utilizza spesso velivoli in convenzione solleva molte domande sulla necessità e sull'opportunità. Accampare ragioni di sicurezza e volerle giustificare a tutti i costi mi sembra difficile ma ciò che emerge chiaramente è che oltre alla flotta di Stato i ministri utilizzino anche vettori privati. Ma chi paga?».

Un quesito che rimane a mezz'aria malgrado sia stato definitivamente chiarito, da una recente sentenza del tribunale militare, che le informazioni sui voli effettuati dalle istituzioni governative non sono classificati né come sensibili né come riservati.

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