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Alfano si arrende e attacca: trame Pd contro il governo

Il leader Ncd accetta lo sbarramento del 5%, poi si vendica: "Renzi chiese di far cadere il governo"

Alfano si arrende e attacca: trame Pd contro il governo

Roma - L'addio tra Renzi e Alfano è peggiore del matrimonio. Tra Pd e Alternativa popolare non c'è mai stata vera sintonia. La smania di potere sia di Alfano che di Renzi è stato l'unico vero collante del sodalizio. E quando i matrimoni naufragano la verità viene a galla. Soprattutto se sono state unioni di convenienza. E basate sulla spartizione di poltrone. Così, ieri, quando il divorzio tra i due partiti sulla legge elettorale è stato ufficializzato, Alfano ha vuotato il sacco. Prima di farlo, l'ex ministro dell'Interno, al termine della direzione nazionale di Ap, ha voluto comunicare - «la fine della collaborazione con il Pd». Alfano si è subito affrettato a chiarire che «Ap continuerà a sostenere l'esecutivo di Gentiloni». Un governo che il segretario dei dem pare abbia voluto affossare già da febbraio. «Renzi ha la smania di prendersi la rivincita dopo la sconfitta del referendum, per questo da febbraio chiede a noi di fare fuori Gentiloni. In cambio ci ha detto che avremmo potuto scrivere la legge elettorale» - ha tuonato il deputato di Ap Sergio Pizzolante, prima di prendere parte alla direzione del partito. Accuse respinte da Lorenzo Guerini: «Non è assolutamente vero». Mentre la prende alla larga Renzi: «Capisco il loro nervosismo visto che chi sta sotto il 5% non entra in Parlamento. Quanto al governo io mi sono dimesso, quelli del partito di Alfano invece la parola dimissioni, lasciare la poltrona, non la conoscono benissimo».

Ripercorrendo la storia degli ultimi mesi, dalla bocciatura del referendum ad oggi, c'è più di un indizio che possa dimostrare come il patto tra Renzi e Alfano sia stato soltanto un accordo di potere. Dissidi e tensioni hanno accompagnato il rapporto tra i due partiti fino allo strappo definitivo sulla legge elettorale. Renzi si è servito in più di una circostanza di Alfano per indebolire Gentiloni, scaricando sul ministro degli Esteri la responsabilità di un'eventuale crisi. Crisi che ormai sembra alle porte. Il segretario del Pd ci aveva provato con la legge sullo Ius soli. Nel mese di febbraio, era stato il presidente del Pd Matteo Orfini a chiedere il voto di fiducia per l'approvazione del provvedimento, sapendo di scatenare l'ira degli alfaniani. E infatti lo scontro s'era consumato in poche ore. Alfano ha ricevuto il primo schiaffo da Renzi all'indomani del giuramento di Gentiloni. Gli elogi del rottamatore al nuovo ministro dell'Interno Marco Minniti, in grado di risolvere finalmente il problema dell'immigrazione, altro non erano che una bocciatura, pubblica, per l'ex titolare del Viminale. Renzi ha sempre cercato lo scontro con gli alleati per addossare ad Alfano le colpe della fine della legislatura. Anche la rimodulazione dei voucher è stata un'arma utilizzata per sparare sulla tenuta della maggioranza. Ora, lo strappo sulla legge elettorale appare inevitabile: Alfano si è detto pronto ad affrontare la sfida del 5% e ha affidato a Maurizio Lupi il compito di aggregare le forze moderate in un unico soggetto. Il piano di Renzi prevede un'altra mossa: un pretesto per staccare la spina a Gentiloni. Un motivo politicamente valido per portare il Paese al voto anticipato.

E il nervosismo di Alfano potrebbe essere quel pretesto che Renzi sta cercando.

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