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Alfano si scaglia contro il Pd col suo partito immaginario

Il ministro: "La loro impazienza di votare costerà cara". E sogna una coalizione anti-sbarramento. Con Parisi

Alfano si scaglia contro il Pd col suo partito immaginario

Angelino Alfano attacca il Pd e sogna il partito dei moderati. Per ora, il polo centrista, in grado di sfondare la soglia del 5% per sedere in Parlamento esiste solo nell'immaginario del ministro degli Esteri. Alfano è terrorizzato dall'idea di esser costretto a mollare la poltrona. L'ex delfino di Silvio Berlusconi, approdato prima al ministero dell'Interno a poi a quello degli Esteri senza il voto degli italiani ma solo grazie al tradimento di Forza Italia, vive un possibile sfratto, dalla Farnesina ai giardinetti romani, al pari di un trauma.

Ieri, sono arrivate le prime allucinazioni: «Non è una questione di soglia, perché ci uniremo ad altri e supereremo il 5%. Ci sono tante altre forze politiche e persone della società civile che ci hanno dato la disponibilità ad aggregare una coalizione, un raggruppamento liberale e popolare che supererà la soglia» - ha detto il ministro a margine di un convegno. E ha aggiunto: «Rivolgo un appello al Pd: pensino all'Italia. Pensino al danno che questa impazienza può fare alla nostra economia per l'impazienza di rientrare a Palazzo Chigi». Per Alfano c'è dunque una fila lunghissima di forze politiche pronte ad unirsi per dar vita alla nuova casa dei moderati. Chi sono? Denis Verdini, uno dei potenziali fondatori del partito di centro, si defila. Il leader di Ala - intercettato dal quotidiano Repubblica benedice l'intesa tra Pd-Forza Italia e M5s sulla legge elettorale. È il primo segnale dello smarcamento di Ala dal progetto del Grande Centro. Verdini è un politico che di numeri e percentuali elettorali se ne intende: l'ex braccio destro di Berlusconi ha già chiuso la partita con Renzi in cambio di un paio di parlamentari (candidati nelle liste del Pd) e liquidato l'operazione politica di Alfano. Dopo Verdini anche gli ex Scelta Civica, oggi Civici e Innovatori, sono orientati a mollare il progetto centrista. Il segretario dei democratici ha promesso ai montiani 5/6 deputati da far eleggere nelle liste del Pd. Nel fantomatico partito dei moderati restano Pier Ferdinando Casini, con il cespuglietto di Centristi per l'Italia, Flavio Tosi, leader di movimento conosciuto solo in Veneto, e Giacomo Portas, deputato dei dem pronto ad abbracciare la causa di Alfano. Nemmeno per il più favorevole dei sondaggi il partito centrista alfaniano riesce a superare il 5 %.

Numeri alla mano, il polo dei moderati senza Berlusconi non decolla. E dalle parti di Forza Italia solo il nome del «traditore» Alfano fa spuntare l'orticaria. Non c'è solo un problema di soglia ma anche di leadership. La formazione politica dei Moderati non ha ancora un nome ma conta già due leader in pectore. Forse tre. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda è certo di avere il profilo giusto per guidare l'area moderata e liberale. Calenda vive, però, un dilemma tra mente e cuore. Il cuore lo spinge ad accettare la sfida. La mente sconsiglia la mossa per una ragione molto semplice: il ministro vuole tenersi fuori dalla partita elettorale perché ritiene di avere le carte in regola per essere il premier delle larghe intese in un Parlamento senza maggioranza politica. Le ambizioni dell'allievo di Montezemolo si scontrano con quelle di un altro potenziale leader dei moderati: Stefano Parisi. Alfano ieri ha fatto trapelare la possibilità di farsi da parte proprio per cedere a lui lo scettro di leader del nuovo centro. Ma Parisi, con il suo movimento Energie per l'Italia, si considera già il federatore naturale del polo centrista. Se Calenda e Parisi falliscono, c'è la terza carta. Che Alfano vede come una vendetta contro Renzi: il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, sempre più in rotta di collisione con l'ex presidente del Consiglio. Insomma, il ministro degli Esteri non ha ancora un partito ma già distribuisce leadership e incarichi nel futuro governo. Nei momenti di lucidità, Alfano intuisce i timori di un addio alla politica (questo non è un sogno) sempre più vicino e si affida all'instabilità della Borsa per scongiurare il voto anticipato.

L'unica strada, questa sì, per conservare la poltrona.

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