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Allarme di Confcommercio: "Sale l'Iva? Italia in ginocchio"

L'associazione: «Con l'aumento delle aliquote, sarà recessione». L'imposta varrà il 30% delle entrate fiscali

Allarme di Confcommercio: "Sale l'Iva? Italia in ginocchio"

«Aumentare l'Iva significa aumentare le tasse». Confcommercio ieri ha rivolto nuovamente un appello «a tutte le forze politiche», chiedendo «un supplemento di responsabilità per evitare questo scenario». Secondo la confederazione guidata da Carlo Sangalli, «la crisi di governo che si è aperta in una fase di crescita zero, e con la prospettiva di una legge di Bilancio dal percorso impervio, scoraggia investimenti e consumi». Il richiamo al senso di responsabilità, che allude alla formazione di un governo di scopo che licenzi alla manovra, è finalizzato a scongiurare «qualsiasi ipotesi di aumento dell'Iva» che «avrebbe un impatto economico recessivo e un impatto fiscale regressivo: perché a pagare di più sarebbero i livelli di reddito più bassi». Insomma, per Confcommercio serve un esecutivo in grado di affrontare queste problematiche poiché «nessuno farà sconti: né i mercati né le istituzioni europee».

Se scatteranno le clausole di salvaguardia, si passerà dai 140 miliardi di euro previsti per il 2019 agli oltre 164 miliardi del 2020. Il peso dell'imposta sul valore aggiunto sul totale delle entrate tributarie salirà, quindi, dal 27% al 30. È questa la previsione del Centro studi di Unimpresa basata sui dati dell'ultimo Def. «La crisi del governo spiana la strada alle clausole di salvaguardia che corrono il rischio di rappresentare il colpo di grazia per l'economia italiana: l'incremento delle aliquote avrebbe inevitabili effetti sui prezzi con i consumi destinati a fiaccarsi sensibilmente», ha commentato il vicepresidente di Unimpresa, Andrea D'Angelo.

Di diverso parere il presidente di Confartigianato, Giorgio merletti, che ieri al Corriere della Sera ha sostenuto che la manovra deve essere «coraggiosa ma senza azzardo: non si può far finta che non esistano equilibri che hanno che fare con il nostro debito pubblico e con i mercati più che con l'Europa». Ecco perché Merletti ha chiesto lo stop alle «avventure come reddito di cittadinanza e quota 100, sprechi di risorse senza ritorno».

E forse non è un caso che il sottosegretario all'Economia, Massimo Bitonci (Lega), abbia sottolineato che «con un governo Pd e 5S non potrà di certo esserci la manovra economica coraggiosa della Lega, quella della flat tax per dipendenti e famiglie, del taglio delle tasse e del rilancio della produttività e dei consumi». Il M5s, ha ricordato Bitonci, «ha sempre osteggiato l'aliquota nominale al 15% preferendo la ricetta Tria di generica rimodulazione», mentre «la parola flat tax non è nel vocabolario del Pd di Zingaretti e l'inciucio tra Renzi e Grillo rischia di riportare il Paese all'era Monti». In ottica elettorale Salvini sta suonando i tasti giusti per le pmi, soprattutto del Nord. «C'è il sospetto che il reddito di cittadinanza invece di creare lavoro, incentivi il lavoro nero e addirittura lo tolga», ha detto ieri promettendo «tasse ridotte al 15% per milioni di lavoratori italiani, pace fiscale con Equitalia, nessun aumento dell'Iva ma riduzione delle tasse sulla casa».

Nel frattempo, quei 23,1 miliardi delle clausole di salvaguardia resteranno sullo sfondo, pretesto utile tanto per il ritorno alle urne quanto per evitarle.

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