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Alleanze, primarie, migranti Le due anime degli azzurri

Toti e Parisi sono l'alfa e l'omega del popolo moderato Su molti temi hanno idee simili ma i toni sono diversi

Alleanze, primarie, migranti Le due anime degli azzurri

Toti e Parisi: due anime del centrodestra o due facce della stessa medaglia? Sembrano sottigliezze ma il governatore della Liguria e Mister Chili sono un po' l'alfa e l'omega del popolo dei moderati. Spesso dicono le stesse cose ma i toni con cui le dicono contribuiscono a distanziarli. Tra i due, poi, spesso volarono stoccate, seppur di fioretto. La maggiore distanza, plateale, nella data clou del 16 settembre: Parisi a Milano lanciava la sua convention, preclusa agli azzurri; Toti a Pontida abbracciava gli alleati della Lega urlando che «l'unico centrodestra è qui».

Primo nodo: le alleanze. Toti è il più strenuo difensore della liaison con Lega e Fratelli d'Italia anche perché con loro governa la Liguria. Compromettere l'alleanza su scala nazionale potrebbe avere effetti nefasti anche in periferia: un guaio in riviera ma anche in Lombardia e Veneto. Ecco perché Toti rinsalda la Trilaterale con i colleghi Maroni e Zaia: un patto di ferro partorito sul tema caldo dell'immigrazione. Parisi dal canto suo, soprattutto nei toni, è ben più moderato di Salvini & C. Tuttavia, a ben guardare, la ricetta del leader di «Energie per l'Italia» sull'immigrazione ricalca quella padana: dichiarazione di uno stato di emergenza, blocco dei flussi migratori nei Paesi d'origine, accordi bilaterali per i rimpatri dei migranti economici, imposizione di un aiuto da parte dell'Europa. Non solo: Parisi ha sempre smussato le differenze con la Lega relegandole a «differenze minime legate solamente alla scelta più o meno ruvida delle parole».

Il secondo nodo attiene all'argomento tabù del centrodestra: la leadership. Finché c'è Berlusconi in campo il leader resta lui. Ma domani o dopo? Toti s'è sempre espresso a favore delle primarie per individuare il leader della coalizione perché «adesso i partiti che formano il centrodestra si equivalgono. Quindi, per evitare spaccature, servono delle regole per far scegliere agli elettori chi deve guidare la squadra. E poi occorre avviare un percorso per una federazione sempre più stretta». Parisi invece glissa. Quando si butta là il tema della leadership, Mister Chili si ripara dietro il «voglio solo dare un contributo, non parto con l'ambizione di fare il leader». Di fatto un pensierino lo sta facendo anche perché ammette chiaro di «non aver alcuna intenzione di dar vita all'ennesimo partitino tipo Scelta Civica». Sulle primarie, però, le sue parole sono chiare: «Sono contrario per come sono fatte in Italia: senza regole precise sono una presa in giro come quelle che fa il Pd».

Terzo tema: il referendum sulle riforme. Sebbene anche Parisi, come Toti, sia schierato nettamente per il No, la platea parisiana è molto meno radicale. Tra i supporter di Mister Chili qualcuno non solo è indeciso ma il 4 dicembre voterà Sì. Non a caso, durante la convention di Milano, quando dal palco la parisiana Annalisa Chirico dichiarò che avrebbe votato Sì al referendum partirono degli applausi. Una minoranza, certo. Ma i battimani si sentirono. Non solo: se vincesse il No e Renzi salisse al Quirinale per aprire la crisi di governo, le posizioni di Toti e Parisi potrebbero divergere. Il primo è netto: elezioni perché il Nazareno non può risorgere. Il secondo dice le stesse cose ma con molta maggior timidezza.

Il motivo? Il mondo parisiano, composto da imprenditori, artigiani, commercianti e dalla buona borghesia meneghina, un occhio alla stabilità di governo lo tiene eccome.

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