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Alternanza di genere col trucco. Così la Boldrini frega le donne

Candidandosi in più listini tradisce le quote rosa. Dove rinuncerà al seggio favorirà il secondo, per legge un uomo

Alternanza di genere col trucco. Così la Boldrini frega le donne

«Femministe sì, ma solo per se stesse». Nella febbrile vigilia della presentazione delle liste elettorali, dentro Liberi e Uguali scoppia anche il caso «Boldrini& Le Altre». Ossia quelle candidate donne (poche) che il partito di Bersani e D'Alema ha deciso di blindare assicurandone l'elezione, e che dunque vengono spalmate a man bassa in testa ai listini plurinominali di più collegi. Togliendo posti di cui c'è una gran fame da quelle parti, visto il numero di parlamentari uscenti di Mdp, Sinistra Italiana e Possibile che vorrebbero fortemente rientrare: 80 in tutto, quando - sondaggi alla mano - ne potranno rientrare una quarantina al massimo. Una strage annunciata.

Uno di loro confida inviperito al Foglio: «In Leu ci sono le femministe per se stesse, come Boldrini e Rossella Muroni, che si mettono con le pluricandidature ovunque uccidendo tutte le altre donne». Il riferimento al potenziale femminicidio di massa è motivato dal famoso criterio dell'alternanza di genere, previsto dal Rosatellum e assai sponsorizzato dalla presidente della Camera uscente, che prevede che i due sessi siano rappresentati in misura non superiore al 60 per cento nelle liste e che se il primo della lista è maschio sia seguito da una femmina, e viceversa.

Ergo: nei quattro collegi della Lombardia dove la Boldrini è capolista, dietro di lei c'è un uomo. Se la presidente venisse per ipotesi eletta in tutti e quattro, dovrà sceglierne uno solo e negli altri scatteranno tre maschietti. Alla faccia delle altre donne in lista. Uno dei fortunati giovanotti - per altro - sarà sicuramente il portavoce di Grasso Alessio Pasquini, che il presidente del Senato ha voluto piazzare in scia alla Boldrini per essere certo che venga eletto. Lo stesso accadrà anche per Rossella Muroni, candidata ambientalista sponsorizzata sempre da Grasso e candidata anche lei come capolista in ben quattro (ma si dice che nella notte siano diventati addirittura cinque) collegi plurinominali, dalla Puglia alla Campania al Lazio. Aprendo la strada, in caso di vittoria multipla, ad altrettanti uomini. Segue la nota esponente della «Sinistra del Brancaccio» Anna Falcone, protégée di D'Alema, che la ha fatta piazzare in due teste di lista: una in Friuli e l'altra in Valtellina. La signora in verità è calabrese e frequenta i salotti romani, ma fa niente: si adatterà volentieri alla trasferta. E pensare che perorava la causa dei «candidati scelti dai territori con metodo democratico»: in Valtellina e in Friuli non sanno neppure chi sia, ma se la sono ritrovata paracadutata per ordine di Roberto Speranza, col timbro del Lìder Maximo.

Il quale D'Alema, nel frattempo, ha realizzato che il paracadute proporzionale alla fine sarà necessario anche a lui. Aveva eroicamente annunciato di voler sfidare la sorte nel collegio uninominale della sua Gallipoli (mentre i pavidi Grasso e Bersani si rifugiavano nel solo proporzionale, onde evitare figuracce), pensando di poter organizzare una sorta di desistenza mascherata grazie alle sue buone relazioni trasversali, dal centrodestra locale all'ex pm Emiliano, da lui promosso a sindaco di Bari e lanciato in politica. Emiliano ha docilmente provato a perorare la sua causa al Nazareno, invitando Renzi a non fare guerra a Max. Le manovre però sono naufragate, gli interlocutori trasversali hanno spiegato a D'Alema che un conto è fare accordi con il leader di un grosso partito, come erano i suoi Ds, e un altro è farlo con l'esponente di un partitino che, ben che vada, prenderà attorno al 6%.

E lui si è rassegnato a farsi eleggere nel più tranquillo proporzionale salentino.

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