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Altri centri e più controlli in mare Ma i conti dei rimpatri non tornano

Inviata alle Regioni la lista dei Cpr, solo lo 0,5% degli arrivi finirà negli ex Cie. Dubbi sulle operazioni nel Mediterraneo

Altri centri e più controlli in mare Ma i conti dei rimpatri non tornano

Il governo accelera il passo per dare una sistemazione ai migranti in arrivo sulle coste italiane. Le stime, infatti, parlano di almeno 200mila immigrati per il 2017. Il ministero dell'Interno ha inviato alle Regioni la lista dei nuovi Cpr (Centri permanenti per i rimpatri), che andranno a sostituire i Cie, ma è solo il primo step di un piano più ampio che, però, cela alcune lacune.

TROPPI MIGRANTI

Le strutture che accoglieranno gli immigrati saranno pronte entro il mese si luglio. Si parte da Roma, dove si manterrà il centro di Ponte Galeria. In Lombardia si utilizzerà la caserma di Montichiari, in Piemonte il Cie già esistente, in Friuli Venezia Giulia la sede di Gradisca d'Isonzo, in Campania si userà la Caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere, in Basilicata palazzo San Gervasio, in Sardegna l'ex carcere di Iglesias, in Sicilia il Cie di Caltanisetta, in Puglia quello di Bari Palese, in Emilia Romagna quello di Modena e in Calabria la struttura di Mormanno. Toscana, Veneto e Liguria, per adesso, non avranno un Cpr, ma avranno l'obbligo i comunicare dove poter ospitare almeno cento immigrati. I posti indicati, però, saranno solo 1.100, anche se aumenteranno nel corso del tempo. Insomma, il governo pensa di rimpatriare così poche persone, ovvero lo 0,55 per cento di quei 200mila in arrivo? Che i migranti imbarcatisi dalle coste libiche abbiano tutti diritto a fermarsi nel nostro Paese? Un controsenso, anche perché l'Italia non ha la capacità di sostenere quella che, di fatto, si sta configurando come una migrazione di massa che sa tanto di invasione. A meno che l'idea non sia quella di ospitare tutta l'Africa nello Stivale.

PUGNO DURO (MA NON BASTA)

Dopo le accuse lanciate dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, si punta a far sì che ogni sospetto nei confronti delle Ong sia reso nullo. L'idea è quella che sia la Guardia Costiera a coordinare tutte le operazioni di soccorso. Dovrà vigilare affinché le navi delle organizzazioni non governative non arrivino troppo vicine alle acque libiche. I loro movimenti, d'altronde, sono verificabili anche soltanto usando semplici applicazioni di rilevamento gps. Il fatto è che molte imbarcazioni, per non venire individuate, una volta giunte al limite delle acque territoriali spengono i transponder in modo da non essere individuate. Riusciranno le unità della Guardia costiera a tenere d'occhio tutto il Mediterraneo? A oggi svolge funzioni di polizia giudiziaria in settori quali l'ambiente, la pesca e il contrasto all'immigrazione clandestina. Ma gli uomini della Capitaneria chiedono da tempo di assumere anche funzioni di ufficiali di pubblica sicurezza. Questo consentirebbe non solo di poter contrastare il reato, ma anche di prevenirlo, in quanto in questo modo potrebbero accedere a informazioni relative ai movimenti degli scafisti e dei trafficanti di esseri umani, oltre che essere dotati di armi a bordo delle motovedette. Insomma, serve anche un nuovo strumento normativo.

MILITARI SULLE NAVI DELLE ONG

Un'altra disposizione va nella direzione della registrazione degli equipaggi delle navi private, anche in seguito alle voci di collaborazioni tra scafisti e Ong. Si pensa che si siano «confuse» collusioni tra migranti e criminali. In realtà le quattro procure che indagano sui fatti sono convinte che ci sia di più. Osservati speciali sono, infatti, i profili Facebook di chi organizza i viaggi della speranza. In alcuni casi ci sarebbero strane conversazioni con personaggi che operano da tempo in Italia.

Forse, più che registrare gli equipaggi, sarebbe il caso di piazzare militari anche a bordo delle navi delle Ong, in modo che possano filmare le operazioni di recupero e garantire che avvengano in maniera regolare.

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