Politica

Altro che novità, quanti vizi antichi per i grillini

Dagli attacchi alla carta stampata alla «cabina di regia», l'M5s ha copiato la vecchia politica

Altro che novità, quanti vizi antichi per i grillini

Roma - Si dicono «nuovi», ostentano diversità, indossano la divisa antisistema e promettono di essere la soluzione di continuità rispetto alla vecchia politica. Ma, di fatto, anche i grillini non sanno scrollarsi di dosso vizi tanto vecchi quanto tutt'altro che inediti. Persino un chiodo fisso del Movimento fino dalle origini - gli attacchi alla stampa - non sono un prodotto fatto in casa. Sì, è vero che la gogna pentastellata contro i giornalisti considerati scomodi o nemici aveva fatto il suo esordio proprio sul blog del gran capo, con una vera e propria rubrica - «giornalista del giorno» - nella quale veniva «fotosegnalato» e messo all'indice l'autore di qualche articolo sgradito a Beppe e ai suoi, in una malintesa declinazione del rapporto, giustamente conflittuale, tra potere e stampa. Ma va detto che la pratica vanta (si fa per dire) diversi illustri precedenti. Per restare al penultimo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in occasione della Leopolda di dicembre 2015 ecco saltare fuori un bel sondaggio: «Scegli anche tu il peggior titolo di giornale». Alla berlina finirono il Fatto, il Giornale e Libero, rei per i leopoldini di aver scritto presunte «balle» contro il governo Renzi. In fondo, da sempre il rapporto tra politici e giornalisti non è stato idilliaco. Tra i primi, uno dei più insofferenti è stato Massimo D'Alema, che dai tempi di Affittopoli in avanti ha spesso tenuto un atteggiamento a dir poco conflittuale con buona parte della carta stampata. Nell'estate del 2007, per esempio, il Lìder Massimo, all'epoca alla Farnesina, lasciò a terra l'inviato della Stampa prima di volare con l'aereo di Stato ad Ankara. E concesse il bis pochi giorni dopo in occasione del viaggio istituzionale in Kosovo e in Serbia, rifiutandosi di imbarcare ancora una volta l'inviato del quotidiano torinese, accusato di aver pubblicato indiscrezioni sul rapporto Krol che D'Alema non avrebbe gradito. E gli esempi, politicamente trasversali, sono molteplici. Persino il penultimo inquilino del Campidoglio, Ignazio Marino, si era spesso scontrato con i giornalisti, invitati ad «avere un po' di dignità personale» solo perché chiedevano una dichiarazione dopo gli arresti di Mafia Capitale. Più o meno lo stile ostentato dalla Raggi, immortalata mentre saltellava gaia alla festa M5S di Palermo mentre il popolo pentastellato insultava e spintonava i cronisti.

Anche sui modelli di organizzazione del Movimento, i grillini sembrano cogliere spunto dal passato. Dal sapore «rivoluzionario» del Direttorio alla più recente «Cabina di regia» che dovrebbe prenderne il posto, e che ricorda esperienze tendenzialmente disastrose. Con la fu Casa delle libertà, ma anche con l'Ulivo prodiano.

Copiare per copiare, forse sarebbe meglio scegliere con più cura il modello.

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