Politica

Altro che riforme: ignorano Draghi e aggiungono tasse

A parole Renzi e Padoan sono d'accordo col presidente Bce. Eppure aumenterà il peso fiscale con il taglio delle detrazioni e la Tasi-Imu

I l presidente della Bce Mario Draghi lo ha ripetuto anche venerdì. Le politiche monetarie da sole non bastano. Serve maggiore flessibilità da parte dell'Europa, ma i governi nazionali devono mettere in campo riforme e politiche fiscali che favoriscano la crescita. Qualche giorno fa, fu ancora più esplicito e, rivolgendosi proprio all'Italia, disse che bassi investimenti e tasse troppo alte scoraggiano gli investimenti. Richiami che ieri il premier Matteo Renzi, ha interpretato come un assist ai paesi come l'Italia e la Francia che chiedono a Bruxelles maggiori margini di spesa.

«Le sue parole sono di buonsenso» perché, ha spiegato il presidente del Consiglio, Draghi sostiene che ha «chi fa le riforme ha il dovere di mettere in campo tutti gli strumenti di flessibilità che ci sono. Noi rispetteremo la regola del 3% ma diciamo che l'Ue non può essere soltanto tagli, vincoli e spread». Anche il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha commentato l'intervento del presidente della Bce al simposio della Federal Reserve a Jackson Hole a favore di un piano europeo per gli investimenti pubblici.

«Il messaggio di Draghi – ha sottolineato il ministro – è molto chiaro: per creare occupazione in Europa occorre agire dal lato della domanda con la politica monetaria, che sta facendo e farà molto, con la politica di bilancio nell'ambito degli spazi disponibili già oggi, e con una forte politica di rilancio degli investimenti. Ma è anche indispensabile una forte azione dal lato dell'offerta, con un'efficace e credibile strategia di riforme strutturali compresa quella del mercato del lavoro. E questo – ha concluso – è un compito dei governi».

Nessun accenno da parte di Padoan al fisco. Forse perché al governo restano poche alternative rispetto a scelte che, magari camuffate da riforme, rappresenteranno nuovi aumenti della pressione fiscale. Il ministero dell'Economia è infatti al lavoro per cercare di tappare i «buchi» della spending review . Dai tagli alla spesa pubblica non arriveranno risorse sufficienti a coprire i circa 14 miliardi di euro, somma appena necessaria a coprire le spese inevitabili: la conferma del bonus da 80 euro e le richieste di cassa integrazione che stanno aumentando di nuovo. Resta in piedi, quindi, la clausola di salvaguardia dei tagli alla spesa, cioè la revisione delle detrazioni fiscali. La famosa giungla di tax expenditures che tutti gli ultimi governi degli ultimi venti anni si sono ripromessi di riformare, ma che nessuno ha toccato. Troppo complicato mettere mano alle 285 misure fiscali, anche perché spesso rispondono a interessi politici. Basti pensare che anche nel 2014 ne sono state introdotte di nuove per circa 220 milioni di euro.

L'esecutivo sta quindi pensando a una soluzione draconiana. Confermare tutte quelle alle persone fisiche, ma introdurre ulteriori criteri di progressività. In sostanza ridurre le detrazioni fiscali per i redditi più alti. Una partita di giro fiscale, visto che l'intenzione è confermare il bonus da 80 euro e il taglio Irap. Ma alla fine il conto per i contribuenti non cambierà, se non in peggio, anche grazie alle tasse sulla casa. Ieri la Uil ha confermato che il nuovo regime fiscale Tasi più Imu (deciso dai precedenti governi), penalizza i proprietari di immobili: uno su due pagherà di più in particolare quelli a basso reddito.

Restano in campo interventi sulle le pensioni, ma non in tempi brevi. Per il momento un eventuale ulteriore contributo di solidarietà viene valutato solo per consentire l'allargamento del bonus di 80 euro a pensionati e partite Iva.

Ma il premier ha già detto che sarà difficile tenere fede a questo impegno preso mesi fa.

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