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Anche il calcio avvicina Cuba all'America

Stasera all'Avana prima partita in mezzo secolo tra le due nazionali

Anche il calcio avvicina Cuba all'America

Keith Richards e Jürgen Klinsmann appartengono a mondi lontanissimi. Sesso, droga e rock n roll il primo, ascetico il secondo, del quale ancora oggi si ricordano le statue di Buddha poste nel centro tecnico del Bayern Monaco. Ciò che accomuna Richards e Klinsmann è Cuba. I Rolling Stones si sono esibiti all'Avana lo scorso 25 marzo, mentre stasera alle 22 (ora italiana) la nazionale di calcio degli Stati Uniti affronterà Cuba in una partita amichevole all'Estadio Pedro Marrero. Due eventi simbolo della svolta nelle relazioni tra l'isola caraibica e gli Usa formalizzata nel 2014 dalla visita di Barack Obama. Ma gli anni di lavoro delle diplomazie e della politica non arriverebbero mai al cuore della gente senza una manifestazione popolare come un concerto o un partita di calcio.

The Times They Are a-Changin', cantava Bob Dylan, e a Cuba lo sanno bene, visto che la citata amichevole è il terzo evento sportivo organizzato con gli Usa negli ultimi 18 mesi. Nel giugno 2015 la nazionale cubana ha affrontato i New York Cosmos, con tanto di inno nazionale americano suonato nel pre-partita. Lo scorso marzo è invece toccato al baseball con la sfida tra Cuba e la franchigia americana dei Tampa Bay Rays all'Estadio Latinoamericano. Oggi Cuba-Stati Uniti è un evento quasi esclusivamente sotto il profilo storico-politico, poiché a livello tecnico non c'è gara. Gli Usa, assieme al Messico, sono la nazionale di punta della Concacaf, nonché presenza fissa ai Mondiali dal 1990. I Leoni del Caribe vantano invece una sola partecipazione (1938), e già dallo scorso anno sono fuori dalla corsa a Russia 2018 dopo essere stati eliminati dalla piccola Curaçao (150mila abitanti contro 11 milioni).

A Cuba il calcio gode di un buon seguito, ma l'intero movimento è stato affossato dalla Rivoluzione castrista, che ha vietato il professionismo e si è concentrato nello sviluppo di sport quali baseball e pugilato, dove il Paese poteva gareggiare alla pari contro gli odiati americani alle Olimpiadi e ai Giochi Panamericani. Il professionismo è stato consentito solo nel 2013 (20 dollari la paga mensile di un atleta), e tre anni dopo è stato abolito il divieto di trasferimento all'estero, a patto che le imposte su tutti i guadagni dell'atleta vengano interamente versate al governo cubano.

Un modo per contrastare la politica del «wet foot, dry foot» introdotta dall'amministrazione Clinton: chi fugge da Cuba riuscendo a mettere piede sulle coste americane può rimanere e, dopo un anno, chiedere la cittadinanza, mentre chi è soccorso in mare viene rimpatriato.

Lo scorso gennaio Maykel Reyes e Abel Martinez sono diventati i primi calciatori cubani a trasferirsi legalmente in un club straniero, i messicani del Cruz Azul.

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