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Anche Franceschini scopre quanto pesa la burocrazia

Anche Franceschini scopre quanto pesa la burocrazia

S ulla questione della nomina dei cinque direttori dei musei, bocciati dal Tar, varrebbe la pena mettere un punto di vista un po' diverso. Il pezzo di Carlo Lottieri comparso ieri sul Giornale è perfettamente condivisibile. Si tratta dell'ennesima figuraccia italiana, della nostra burocrazia pubblica, dell'involuzione del nostro Stato. Favoloso il paragone storico con Mazzarino, abruzzese, e uomo forte di Re Sole.

Ma c'è qualcosa che stride nel piagnucolare (il che è più che giustificato) da parte del ministro Franceschini, che ha fatto le nomine, e che se le è viste bocciare dal tribunale amministrativo. Verrebbe da dire: benvenuto tra noi umani. Adesso sì che Lei Eccellenza si può sentire simile al chiosco di fronte al museo, al taxi che porta i suoi clienti, all'artigiano che realizza i suoi manufatti, al piccolo imprenditore che combatte per fornire servizi, al professionista che ogni mese deve compilare un modulo (l'ultimo aggravio lo ha votato anche lei in consiglio dei ministri). Benvenuto sua Eccellenza nel nostro mondo. Dove nulla è lecito, qualcosa è permesso, molto è da discutere. Persino la rottamazione delle cartelle esattoriali non è stata chiara: eppure si doveva fare cassa. Ma c'è una differenza tra il peso burocratico che ha colpito Franceschini e quello che ogni giorno minaccia il signor Rossi.

Sua eccellenza prima di nominare i direttori dei musei, si è consultato con la segreteria tecnica (che paghiamo noi), si è forse fatto fare una consulenza esterna (che paghiamo noi), ha interpellato l'ufficio legislativo (che paghiamo noi), è transitato per gli espertoni di palazzo Chigi (che paghiamo noi), poi ha fatto scrivere da qualcuno la norma (che paghiamo noi) e poi l'ha pubblicata in gazzetta ufficiale (che paghiamo noi). Dopo tutto questo iter, un ufficio (che paghiamo noi) ha bocciato la sua decisione. E allora sua eccellenza farà ricorso con un superavvocato, di quelli tosti, un Avvocato dello Stato, roba da macchina blu e sede con i soffitti alti (che paghiamo noi). Insomma anche il suo ricorso è a spese nostre. E il cattivo funzionamento dei musei derivanti dall'impasse delle nomine, chi volete che lo paghi? Babbo Natale. Meno introiti per lo Stato, più tasse per i contribuenti.

La morale di questa vicenda, è che anche una buona intuizione pubblica può essere cassata o rallentata dalla burocrazia statale. Ma per un qualsiasi essere umano che va al bar e non alla buvette, che prende un tram, che prova a fare lo Spid con Infocert, e che deve pagare i contributi per le colf al nuovo sito dell'Inps rinnovato ma dove non ci si capisce più nulla e non si riesce a pagare online, ebbene per qualsiasi essere umano non dotato di galloni pubblici, quello che è avvenuto a Franceschini avviene ogni giorno.

E proprio per le norme che una generazione di Franceschini hanno adottato nell'ultimo quarto di secolo, a nostra ridicola tutela. Siamo oppressi dai Tar, dalle Agenzie delle entrate, delle burocrazie digitali, dalle file anagrafiche, dall'incomprensibile legislazione sul lavoro, sulla sicurezza e via cantando. Ogni piccolo imprenditore ha migliaia di Tar dietro ad ogni angolo, tutti con nomi diversi.

Ma a differenza di Franceschini si paga da solo gli studi e i consulenti adatti a rispettarli e gli eventuali avvocati necessari per contrastarli.

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