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Anche l'Appello salva Penati

La Corte d'appello di Milano questa mattina ha confermato la assoluzione di tutti gli imputati già disposta dal tribunale di Monza nel dicembre 2015

L'ex presidente pd della Provincia di Milano Filippo Penati
L'ex presidente pd della Provincia di Milano Filippo Penati

L'inchiesta che aveva puntato a portare alla luce il "sistema Sesto", la rete di rapporti occulti, favori, corruzioni e finanziamenti che regnava a Sesto San Giovanni, va a sbattere nuovamente contro una sentenza che la demolisce quasi per intero. La Corte d'appello di Milano questa mattina ha confermato la assoluzione di tutti gli imputati già disposta dal tribunale di Monza nel dicembre 2015. Esce trionfante dall'aula Filippo Penati, per anni sindaco comunista di Sesto, poi presidente della Provincia di Milano, infine capo della segreteria di Pierluigi Bersani quando era capo dei Ds.

È bastata poco più di un'ora alla Corte presieduta da Lura Cairati per respingere il ricorso della Procura generale, che indicava in Penati il vertice del sistema Sesto e aveva chiesto per lui la condanna a tre anni di carcere. Bisognerà attendere ora le motivazioni per capire in quali punti la tesi dell'accusa siano state ritenute inconsistenti. Ma per Penati è comunque una vittoria, anche se rimane la nebbia della prescrizione su una parte dei reati che gli vengono contestati, e che nel frattempo ha coperto altri capi di imputazione. E per l'ex uomo forte dei Ds milanesi si potrebbe persino aprire la strada del ritorno in politica.

Nella sentenza di primo grado, i giudici avevano riconosciuto che il sistema Sesto era esistito, e che nei rapporti tra Penati e gli imprenditori interessati ad appalti e varianti urbanistiche - tra cui i suoi grandi accusatori Piero Di Caterina e Giuseppe Pasini - esistevano aspetti di "vischiosità" e "inopportunità ", tali però da non sfociare in reati. O almeno in reati pienamente dimostrabili: la sentenza parlava di "insufficienza delle prove", e ipotizzava che le accuse di Di Caterina potessero essere frutto anche di "acrimonia o spirito di rivalsa " contro Penati. Assoluzione confermata anche per i finanziamenti in nero che Penati secondo la Procura di Monza aveva raccolto per la sua campagna elettorale attraverso la fondazione "Fare Metropoli".

Per i giudici le tesi dell'accusa erano "illazioni prive di riscontro".

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