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Anche l'Italia morde la mela: a Napoli l'università di Apple

È la prima in Europa, formerà sviluppatori di app per iPad e iPhone, settore in cui siamo tra i più creativi. Tim Cook arriva oggi per l'annuncio

Vedi Napoli e poi inventi un'app per il telefonino. Da sempre ce la caviamo bene a disegnare mobili, vestiti, case, ora pare che all'estero si siano accorti che non siamo male nemmeno a disegnare architetture software. Oggi Tim Cook atterrerà a Roma e illustrerà i dettagli (e non manca chi è ancora scettico) ma ieri l'annuncio che Apple aprirà a Napoli un centro di sviluppo di applicazioni software, il primo in Europa, ha creato un'ondata di reazioni miste in tutta Italia. Di incredulità in ambienti come Milano e Torino, dove ci sono alcune delle realtà universitarie e industriali più avanzate del settore in Italia, o a Catania, dove c'è il distretto tecnologico della Etna Valley.E invece è a Napoli che aprirà primo «Centro di sviluppo App europeo» di Apple, preceduto da una dichiarazione di Tim Cook: «L'Europa è la patria di alcuni degli sviluppatori più creativi al mondo e siamo entusiasti di aiutare la prossima generazione di imprenditori in Italia ad acquisire le competenze necessarie per avere successo». Si tratterà infatti di un centro di formazione per sviluppatori software ma il premier Matteo Renzi, preso dalla foga dell'annuncio e forse non particolarmente addentro all'operazione, depista un po': « Aprirà a Napoli una bella realtà di innovazione con circa 600 persone, una sperimentazione veramente intrigante». Inutile correre ad aggiornare il curriculum: le «600 persone» non saranno assunte, si tratta di studenti che saranno ammessi ai corsi di formazione e in futuro Apple pensa di poter salire fino a mille. C'è comunque da brindare, considerato che siamo in Italia, ovvero nel Paese che ha la banda larga più stretta d'Europa.E nonostante la nostra condizione di dinosauro digitale, ci sono tante teste innovative che hanno conquistato l'«App Store», il negozio digitale dove si comprano le applicazioni per iPhone e iPad. In Italia sono attivi sull'App Store 264.000 sviluppatori. Non è un record (siamo dietro a Regno Unito, Germania e Francia) ma non è nemmeno una cifra trascurabile.Ogni anno Apple fa una selezione delle migliori applicazione e nel 2015 due erano italiane: Quokky, che serve a gestire documenti digitali, e Sellf, un software dedicato ai venditori. Lo stesso gigante di Cupertino annunciando lo sbarco italiano, cita alcun casi di successo, come Ik Multimedia, i cui prodotti elettronici sono stati «scaricati» da 25 milioni di utenti dal 2009 a oggi. E casi più recenti come Musement che, tramite app e sito, fornisce la possibilità di conoscere eventi e spettacoli di 300 città in 50 Paesi, prenotarli e chiedere anche dritte a una rete di concierge d'albergo che, come si sa, in materia la sanno lunga. «Abbiamo 500.000 utenti al mese -spiega soddisfatto Alessandro Petazzi, amministratore delegato della start up milanese- e una rete di collaboratori da 13 Paesi». Molto nota anche Aroundme, creata da Marco Piferi, che evidenzia sul telefonino la mappa dei negozi e servizi più vicini al luogo dove ci si trova. E poi Lyrics, un'app che riconosce le canzoni che «sente» attraverso il microfono dello smartphone e cerca i relativi testi. Tutte avventure, lanciate in un mercato estremamente competitivo, ma che vale cifre monstre: la stima di Apple è di 10,2 miliardi di ricavi per gli sviluppatori dalla vendita delle loro creazioni.L'azienda delle meraviglie creata da Steve Jobs ha già 1.800 dipendenti in Italia e anche se l'iniziativa che sarà illustrata oggi non creerà direttamente nuovi posti di lavoro (si appoggerà a un istituto già esistente e c'è già chi pensa all'area di Bagnoli) è comunque una gran bella notizia per tutto il Paese e per Napoli, inanzitutto perché conferma una crescente attenzione della «mela morsicata» per l'Italia. Faceva tenerezza la sfilata di politici che ieri si pavoneggiavano come se fosse opera loro. Avessimo un giga di banda larga per ogni frase a sprecata ieri saremmo finalmente un Paese digitalmente civile.

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