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Anna e Roberto, la strana coppia delle riforme

Lei ex Pci del Sud, lui leghista del Nord: così due opposti hanno rivoluzionato Palazzo Madama

Anna e Roberto, la strana coppia delle riforme

Lui è specializzato in fantasiose calderolate. Emendamenti trappola che sconvolgono e scompigliano. Lei è dura. Tosta. Qualcuno, malignando, direbbe perfino acerba. Come un frutto fuori stagione. E in effetti Anna Finocchiaro fa parte di quel Pd, se esiste ancora, che non si è allineato a turboRenzi. Strana coppia quella formata dai due relatori che hanno portato a casa la storica riforma del Senato: Roberto Calderoli e appunto Anna Finocchiaro. Il leghista bergamasco e la donna di sinistra del Sud. Quasi due stereotipi opposti che però, in qualche modo, si sono legati e amalgamati. Fino a centrare l'obiettivo impossibile di affossare l'istituzione bimillenaria di cui sono autorevolissimi esponenti.

Paolo Romani, leader dei senatori azzurri, tratteggia due ritrattini con le bollicine: «Calderoli è uno dei più esperti in questa delicata materia. Hanno scelto lui come relatore di minoranza ma sulle riforme è un po' un partito a sé. Ha una sua specificità e poi disegna emendamenti, è abile, gli piace stare al centro del gioco oltre ad essere un vicepresidente straordinario del Senato». La non renziana, se non antirenziana Finocchiaro, spesso si poneva come la diga di Assuan. Invalicabile. «Ci diceva di no - riprende Romani - e allora ci toccava fare il giro da Renzi che pur di ottenere il risultato, la chiamava e le chiedeva di smussare, di limare, di venirci incontro».

Come abbia potuto funzionare questo strano ibrido è un mistero gaudioso, a lieto fine, della nostra politica. «A Calderoli - riprende Romani - una calderolata è riuscita quando abbiamo votato il suo ordine del giorno che diceva l'esatto contrario del testo scritto dal governo. L'ultima, invece, che proponeva di fare entrare in vigore le riforme non prima del 2018, è stata sventata». Dopo che tutto il Palazzo era quasi andato in cortocircuito per la trovata del senatore che scombinava tattiche e strategie da una parte e dall'altra. «La verità - aggiunge Romani - è che è stata una trattativa difficile, ma loro due, che pure partivano da posizioni critiche verso il testo del Governo, hanno lavorato con intelligenza e la testa in questi casi aiuta. Del resto l'hanno detto in aula: hanno spiegato di non essere arbitri ma coordinatori di una sorta di lavoro di squadra». Quel lord di Calderoli sembra quasi aver portato l'anello di fidanzamento alla senatrice siciliana: «Io, che sono il terrone di famiglia per essere nato a Bergamo, andavo d'amore e d'accordo con la Finocchiaro che è siciliana ma non c'entra nulla con la Sicilia, una regione canaglia. Pensavamo di essere agli antipodi invece no. Scrivevamo gli emendamenti insieme, li condividevamo al 99 per cento, anche perché tutti e due siamo stufi delle chiacchiere a vuoto e vogliamo il cambiamento, poi arrivavano Renzi o la Boschi e le sussurravano: “questo no, questo no” e lei doveva togliere la firma. Peccato».

Comunque, se si va vedere, il testo è cambiato e non poco rispetto agli inizi. Il Senato dei sindaci di matrice renziana non c'è più. C'è semmai un Senato delle regioni, una Camera alta alla tedesca che, a dirla tutta, conterà poco o nulla, ma questo era l'intento. Una specie di auatoaffondamento pilotato. In ogni caso, al di là dei Minzolini e dei Mineo, degli oppositori duri e puri, dei frondisti e dei fuochi d'artificio sparati per giorni, Verdini, nel silenzio generale, è convinto di aver spuntato un risultato clamoroso. Tagliando la rappresentanza delle regioni piccole, tipo Liguria o Basilicata, tradizionalmente, di sinistra, e ampliando quella delle regioni più grandi, come la Lombardia e la Sicilia, il centrodestra dovrebbe riuscire nel miracolo di avere più eletti, forse molti di più, dei voti effettivamente raccolti sul territorio. Si vedrà quando dalle simulazioni si passerà alla conta effettiva. A Renzi premeva il risultato e il fiore da mettere all'occhiello. Adesso i due relatori possono incorniciare la loro piccola grande vittoria. Finocchiaro si fa duttile e vede il bicchiere mezzo pieno: «Il nuovo Senato - afferma in un'intervista al Sole24Ore - non è un senaticchio ma un organo innovativo e di grande rilievo nell'ordinamento costituzionale». E ancora: «Credo sia la prima volta nella storia costituzionale mondiale che una Camera abolisce se stessa. Ne esce comunque un Senato forte». Calderoli, che alla fine si è astenuto, riaccende invece con Repubblica la sua vena pirotecnica: «La lettura decisiva sarà la terza. Qui a Palazzo Madama. Da me dovranno tornare e io li aspetto. Pronto persino a votare a favore se mi convinceranno».

Alla prossima puntata.

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