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Ap implode dopo la sconfitta. Ma Alfano minimizza: "È voto regionale"

L'analisi sul voto siciliano: centristi senza seggi alle politiche. Nel partito parte l'assalto ad Alfano: "Da lui scelte sbagliate. I nostri elettori sono alternativi al Pd"

Ap implode dopo la sconfitta. Ma Alfano minimizza: "È voto regionale"

Alternativa popolare è in fibrillazione. La batosta incassata in Sicilia pesa tutta su Angelino Alfano. Il suo partito non è riuscito nemmeno a superare la soglia di sbarramento e ora dovrà starsene fuori dall'Assemblea regionale siciliana. Eppure il ministro degli Esteri minimizza. "Sono state espressione di un voto regionale", dice. E prmette che il partito "discuterà al suo interno e ragionerà su quale sia la strada migliore per valorizzare il lavoro fatto in questi anni". I suoi uomini, però, sono già pronti a lasciarlo solo. Non gli perdonano l'asse con il Pd.

"Certamente - osservano fonti parlamentari del Pd - il voto in Sicilia non aiuta la partita sullo ius soli". Anche nel governo si sottolinea che con lo sfilacciamento dei centristi portare in Aula il provvedimento sulla cittadinanza ai minori stranieri sarà ancora più complicato. Non è un caso che tra i temi sul tavolo della direzione del Pd del 13 novembre figuri la proposta di legge sui vitalizi e non lo ius soli. Ora, poi, c'è da portare avanti la partita sulla legge di Stabilità. Col passare delle ore, però, sta montando la preoccupazione che il voto in Sicilia possa causare conseguenze anche sull'iter della manovra e dare maggiore spinta all'assalto alla diligenza. Se domenica, in Sicilia, si fosse votato per le politiche in Sicilia con i collegi uninominali previsti dal Rosatellum, il centrodestra avrebbe stravinto conquistando 12-14 collegi. Al Movimento 5 stelle sarebbero andati i restanti 6-8 collegi. Pd e alleati non avrebbero vinto nessun collegio.

La disfatta di domenica ha provocato nuove frizioni in Alternativa popolare che terrà per l'11 novembre l'assemblea programmatica. La formazione del ministro si è fermata al 4,17%, non sufficiente per superare l'insidiosa soglia di sbarramento del 5%. Solo nella sua Agrigento il ministro ha incassato un rotondo 8%. "Bisogna cambiare rotta - dice Roberto Formigoni - e discutere anche dell'uscita dal governo". Anche altri senatori non nascondono il malessere per le scelte fatte dal partito sull'isola. Scelte che però Alfano rivendica. "Non ho alcun rimpianto", dice il leader di Ap. Al termine della visita a Mosca si trova a dover fare i conti con la sconfitta alle elezioni in Sicilia e, soprattutto, sul da farsi nei prossimi mesi. L'11 novembre una parte dei parlamentari centristi chiederà ai vertici di lavorare per l'approdo nel campo del centrodestra. "Alfano - azzarda uno dei malpancisti - magari potrebbe candidarsi nel proporzionale in Sicilia". Ma è lo stesso ministro degli Esteri a rimarcare come "la percentuale siciliana è superiore alla soglia di sbarramento nazionale che è del 3 per cento, a differenza di quella regionale che è del 5%".

"Da oggi - promette di Alfano - avremo modo di consolidarci laddove abbiamo dimostrato di avere consenso e di organizzarci per colmare i vuoti che queste elezioni hanno evidenziato". Matteo Renzi da mesi ha aperto un canale con i centristi per un'alleanza organica alle elezioni. Argomento finito anche sul tavolo dell'incontro che si è tenuto sabato tra lo stesso ex premier e Pier Ferdinando Casini.

Ma c'è chi come Formigoni che di alleanze col Pd non vuole più sentire parlare: "Alfano ha sbagliato, i nostri elettori sono al termativi ai democratici".

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