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Artico, è sfida tra Cina e Usa per controllare le rotte del Nord

Pentagono in allarme per le mire egemoniche di Pechino

Artico, è sfida tra Cina e Usa per controllare le rotte del Nord

Mentre il premier Giuseppe Conte si delizia per gli inviti a cena dal presidente Xi Jinping e saluta l'entrata dell'Italia nella Nuova Via della Seta l'America si prepara a uno scontro non più solo commerciale, ma anche militare e strategico con la Cina. Uno scontro destinato a venire allo scoperto quest'oggi quando il segretario di stato Mike Pompeo denuncerà, nel corso del Consiglio Artico in programma nella città finlandese di Rovaniemi, le mire di Pechino sulle rotte del Polo Nord. Mire rivolte a garantire a Pechino il controllo delle vie di comunicazione destinate ad aprirsi non appena l'arretramento della calotta artica settentrionale consentirà di collegare con rotte marittime ben più veloci Estremo Oriente e Nord Atlantico. Rotte come quella tra Shanghai e Amburgo che, grazie al passaggio a Nord-Est, sarà 4mila miglia più corta rispetto a quella odierna attraverso Malacca e Suez.

Le mire della Cina sul «passaggio economico blu» - ovvero le nuove rotte artiche - sono ufficiali da quando - nel gennaio 2018 - Pechino si auto-dichiara «nazione prossima all'Artico» e definisce la corsa al Polo Nord come parte integrante della «Nuova Via della Seta». Da allora il Pentagono è in allarme. Per i suoi analisti le rotte artiche di Pechino altro non sono se non nuove spire della gigantesca rete militar-commerciale studiata per garantire la supremazia economica e strategica dell'impero giallo. Un modello non nuovo vista la rete di atolli militarizzati creati nel sud del Pacifico, la base militare all'imbocco delle rotte di Suez inaugurata a Gibuti e la progettata apertura di altre basi militari nei porti pakistani controllati da capitali cinesi. Ma per gli Usa nulla è più pericoloso dell'allargamento cinese tra i ghiacci di un Polo Nord dove devono già misurarsi con i piani del Cremlino. La minaccia più temuta è quella dei sottomarini di Pechino pronti a insidiare l'egemonia di Usa e Nato nel Nord Atlantico. Sottomarini pronti a guidare la penetrazione di una marina militare che già progetta la produzione di rompighiacci nucleari in grado di renderla egemone sulle rotte artiche.

In base al rapporto annuale sulle attività militari cinesi reso noto lo giovedì scorso dal Pentagono alcuni rompighiaccio a propulsione convenzionale come lo Xuelong-2 starebbero già facendo la spola tra le stazioni di ricerca aperte - ufficialmente per scopi civili - in Norvegia e Islanda. E a preoccupare non poco gli esperti militari di Washington ha contribuito, l'anno scorso, il tentativo cinese di convincere l'amministrazione civile della Groenlandia, di fatto autonoma dal regno danese da cui dipende, ad accettare un consistente prestito per l'apertura di tre aeroporti. Nei timori di Washington quei tre scali, finanziati con crediti che la Groenlandia rischiava di non onorare, dovevano diventare la testa di ponte della penetrazione cinese per poi trasformarsi, al pari dei porti pakistani o di Gibuti, in vere e proprie base militari. I piani cinesi sono state sventati convincendo la Danimarca a investire in un aeroporto civile, ma gli Stati Uniti sono certi che questo non basterà a fermare l'espansionismo polare dei cinesi. Proprio per questo Mike Pompeo è deciso a portare allo scoperto lo scontro davanti quel Consiglio dell'Artico formato da Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Stati Uniti e Svezia. E così mentre l'Artico diventa la nuova Danzica dello scontro Cina-Usa, l'Italia di Conte si ritrova nello scomodo ruolo di principale collaboratore occidentale di Pechino.

Ovvero dalla parte sbagliata della barricata.

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