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Assange spacca la politica. Eroe della libertà o spione?

Per Putin è un perseguitato, per la Clinton un bandito Londra non lo vuol dare agli Usa. E lui: «Ora ho paura»

Assange spacca la politica. Eroe della libertà o spione?

New York Julian Assange attende in carcere nel Regno Unito di conoscere il suo destino, e nel frattempo la questione della sua estradizione è diventata una sfida politica e un dibattito sulla libertà di espressione.

Dopo l'arresto del fondatore di Wikileaks all'ambasciata dell'Ecuador a Londra, dove era rifugiato dal 2012, gli Stati Uniti hanno fatto richiesta di estradizione accusandolo (per ora) di pirateria informatica. L'opposizione britannica, però, chiede al governo di non consegnarlo agli Usa. Il Regno Unito deve dire no alla richiesta di estradizione di Assange per aver svelato «prove di atrocità» commesse dalle forze americane «in Iraq e in Afghanistan», scrive su Twitter il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn. E allega anche un video - diffuso a suo tempo da Wikileaks e uscito a quanto pare dagli archivi del Pentagono - che documenta la strage di civili in un raid aereo condotto da Washington in territorio iracheno nel 2007. Da Mosca, il portavoce del presidente russo Vladimir Putin definisce Assange «una fonte indipendente di informazione che viene perseguitata»: «Dal nostro punto di vista, ciò è assolutamente in contrasto con gli ideali della stampa libera, dei media liberi e della loro inviolabilità». Per l'ex segretario di stato ed ex candidata democratica alla Casa Bianca Hillary Clinton, invece, il 47enne deve rispondere «per quello che ha fatto». Parole che sembrano riferirsi anche alle email del partito democratico pubblicate da WikiLeaks durante le Usa 2016. Mentre il presidente Donald Trump si è limitato giovedì a liquidare la questione con un «non so nulla di Wikileaks». Assange è accusato da Washington di cospirazione insieme all'ex analista dell'intelligence Chelsea Manning finalizzata ad hackerare nel 2010 decine di migliaia di documenti top secret. Reato per cui rischia sino a cinque anni di prigione, ma i dirigenti del dipartimento di Giustizia prevedono di contestare nei suoi confronti ulteriori accuse. E nel frattempo, la magistratura svedese non esclude di poter riaprire l'indagine del 2010 sulla denuncia di stupro contro l'attivista, chiusa nel 2017.

Negli Usa, intanto, ci si interroga sulle conseguenze delle accuse nei suoi confronti per la libertà di stampa e per il futuro del giornalismo investigativo. Molti giuristi sostengono che perseguire i reporter per aver svolto il loro lavoro violerebbe il Primo Emendamento. Tuttavia, Assange non è mai stato incriminato per aver pubblicato segreti, ma per aver cospirato con Manning per hackerare illegalmente un computer governativo e ottenere informazioni sulla sicurezza nazionale. É accusato quindi di aver avuto un ruolo attivo, e non passivo, limitato alla pubblicazione di notizie ricevute da una fonte. Il team legale che lo assiste, da parte sua, conferma la determinazione a opporsi attraverso tutte le vie giudiziarie disponibili alla richiesta di estradizione, che rappresenterebbe «un precedente pericoloso», come ammonisce uno degli avvocati, Jennifer Robinson. A suo parere, infatti, significherebbe aprire le porte alla caccia a qualunque giornalista che abbia «pubblicato informazioni vere e verificabili sugli Stati Uniti». Il timore di Assange, ora, è quello di subire violenze se finirà in un carcere americano.

Lo rivela ad Abc News il documentarista di guerra Sean Langan, che ha trascorso più di 50 ore con lui lo scorso anno e lo ha visto l'ultima volta all'ambasciata il 22 marzo: «É preoccupato di essere picchiato - dice - se andrà in una normale prigione».

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