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Assassini e amici per la pelle. "I soldi non l'unico movente"

Confermati gli arresti per i due minorenni, Riccardo e Manuel. E oltre agli spinelli spunta anche la cocaina

Assassini e amici per la pelle. "I soldi non l'unico movente"

Uno ha provato a fare il duro: è stato quello che avuto il coraggio di ucciderli. Poi è crollato, continua a piangere e a dirsi pentito. L'altro è il mandante, quello che ha chiesto di far fuori Salvatore e Nunzia, i suoi genitori, delegando per intero l'azione all'amico e che ora pare impassibile: «Li volevo morti, ma non potevo farlo io». Manuel e Riccardo, 33 anni in due, i due amici più che per la pelle, per la vita di condanna che li aspetta. I due assassini di Pontelangorino di Codigoro hanno trascorso la terza notte nel carcere minorile di Bologna, nell'istituto del Pratello. Ieri nell'udienza di convalida del fermo il gip ha confermato la misura cautelare in carcere.

In paese le cose non torneranno mai come prima. Molti dicono che «tutto è così incredibile e che quei ragazzi sembravano, sì un po' svagati, senza tanta voglia né di studiare né di lavorare, ma di certo non dei criminali». Il solito ritratto dell'assassino perfetto: una vita tranquilla. Fino al raptus. Che però non è stato così estemporaneo, perché emergono nuovi particolari sulla dinamica di quello che pare un delitto premeditato. Anche nei dettagli che poi non hanno funzionato, dall'ascia sottratta nel garage di Manuel, al borsone per occultare i vestiti, alle corde con i pesi per affondare i corpi, fino alla ricompensa di mille euro che forse nasconde dei «conti» o delle promesse fra i due ragazzi. Manuel aveva minori possibilità economiche di Riccardo. Poca scuola, poca voglia, spinelli, forse un po' di coca. E allora: chi pagava? I due ragazzi hanno provato a chiarire: «No, non eravamo fatti». A questo tengono molto i legali d'ufficio che hanno anche aggiunto che dietro al gesto «non potevano esserci solo storie di brutti voti a scuola, ma un disagio ben più profondo». Si diventa assassini per molto di più. Ma anche per molto meno.

La famiglia di Manuel è distrutta. I genitori, davanti ai taccuini, non hanno nascosto smarrimento e incapacità quasi di comprendere da dove si debba ripartire dopo che in casa ti ritrovi un figlio assassino. «Quando in caserma ho capito che cosa avesse fatto, gli ho dato uno schiaffo», ammette il padre. «Mi ha dato un bacio, prima che lo portassero via», aggiunge la madre. Entrambi hanno già promesso: «Non ti abbandoneremo». Ma come si fa: Manuel ha due fratelli, una sorellina e un fratello gravemente malato. «La nostra vita era già difficilissima così», si lascia sfuggire la madre.

È stata lei a veder arrivare Manuel e Riccardo all'alba di martedì, quasi assenti. Sono le ore della playstation per stordirsi o placarsi: Riccardo si è fermato a dormire da Manuel che ha detto di avere la febbre. Una pastiglia poi a letto qualche ora. Quindi pranzo e colazione serviti. Prima di farsi crollare il mondo addosso. Si perché, mentre Riccardo, rientrato nella villa dell'orrore, lanciava l'allarme e inscenava il suo piano, Manuel è stato uno dei primi ad accorrere a Pontelangorino, ma anche uno dei più curiosi nel fare domande, mentre gli altri amici emerge dalla ricostruzione erano come impietriti, incapaci di parlare. Gli inquirenti hanno subito notato che il ragazzo pareva «interessato» e coinvolto. Ed è facendo parlare Manuel, sentito subito come teste, che emerge la possibile svolta e la «chiave familiare» nella fine dei coniugi. Riccardo, pure sentito come teste, ha continuato a negare e solo di fronte alla confessione di Manuel, ha cominciato ad ammettere. Non prima di aver scandito: «Avevamo un accordo e non l'ha rispettato».

Un «accordo» che li ha trasformati in assassini.

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