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In Aula processo al Colle. Ma l'impeachment è già sul binario morto

Urla e invettive in Senato. Poi la retromarcia M5s: "La Lega non vuole lo stato d'accusa"

In Aula processo al Colle. Ma l'impeachment è già sul binario morto

L'impeachment non c'è più. A formalizzare lo stop all'idea di mettere sotto accusa Sergio Mattarella è Luigi Di Maio, che a Napoli alza le mani: «Prendo atto che Salvini cuor di leone non vuol farlo, e a questo punto il tema non è più sul tavolo perché non ci sono i numeri». Ma la notizia arrivata dal leader M5s non chiude le ostilità contro il Colle. Che ieri hanno vissuto una giornata intensa proprio al Senato. Quando, prima del via alla discussione sul decreto Alitalia, si svolge il dibattito sul caos intorno al governo del Paese. Prende la parola il capogruppo pentastellano, Danilo Toninelli, che esordisce amareggiato, constatando che «ci troviamo di fronte a una legislatura già morta». Segue l'attacco al commissario europeo al bilancio Günther Öttinger per il «monito» agli elettori italiani («Si sbaglia - spiega Toninelli - saranno gli italiani ad insegnare a lui il reale valore della democrazia») e poi arriva la stoccata al Colle: «Come è possibile - ringhia Toninelli - che un presidente della Repubblica esprima un giudizio che non riguarda in qualche modo l'adeguatezza o meno di un possibile ministro bensì il suo pensiero e le sue idee?». A contenerla provvede la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, che invita il grillino a lasciare fuori dalla polemica il capo dello Stato. Toninelli incassa ma insiste: «Tengo fuori il presidente della Repubblica, non le sue responsabilità». E così, anche se il capogruppo a Cinque stelle al Senato dice di non voler «contestare le prerogative costituzionalmente garantite del capo dello Stato», l'attacco arriva ugualmente. «È inaccettabile - continua Toninelli - porre un veto sulle posizioni e sulle idee di un ministro le quali per logica rappresentano l'indirizzo politico del governo, e che a loro volta rappresentano dunque la volontà di più della metà degli italiani espressa nel voto del 4 marzo».

Insomma, «non si può pensare di metter da parte la volontà popolare e tirare dritti senza porsi il problema». Un comportamento, prosegue Toninelli, che determina «un rischio, ossia che i cittadini si allontanino ancora di più dalla vita politica disertando persino le urne». Il «processo d'aula» al capo dello Stato vive altri tentativi, rintuzzati dalla Casellati che continua a richiamare chiunque intervenga in merito. Succede anche con Isabella Rauti di Fratelli d'Italia, alla quale la seconda carica dello Stato spiega: «Non possiamo fare qui l'iter di un governo non nato. Non si può fare in questa sede». Ma se la presidente del Senato cerca di far rispettare l'insindacabilità dell'operato di Mattarella da parte del Parlamento, l'inquilino del Colle resta decisamente nel mirino giallo-verde. Dopo l'addio all'impeachment, ieri la novità di giornata è stata la raccolta firme per chiedere le dimissioni di Mattarella e l'elezione diretta del capo dello Stato. A proporla sia Giorgia Meloni che Matteo Salvini. «Se il capo dello Stato vuole scegliere i ministri - spiega la leader di Fratelli d'Italia - allora lo devono votare gli italiani. È la prima regola. Solo così sarà rispettato il voto dei cittadini». E su Facebook Salvini raccoglie l'assist e rilancia: «Sabato e domenica saremo in più di mille piazze anche per raccogliere le firme per una proposta perché in futuro il presidente della Repubblica sia eletto direttamente dai cittadini». La presidente di Fdi, peraltro, tenta di allargare quantomeno la battaglia per l'elezione diretta a «tutto il centrodestra», per «portarla avanti insieme». La prima adesione «azzurra» è del governatore ligure Giovanni Toti, che appare nel video postato dalla Meloni su Facebook: «Scegliamo - spiega Toti - il presidente della Repubblica.

Diamogli i poteri che merita avere il presidente di una grande democrazia come l'Italia, però facciamolo scegliere ai cittadini».

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