Politica

Gli aumenti degli statali si mangiano la manovra

Domani il via libera alla legge di bilancio. Ai pubblici dipendenti 1.500 euro in più all'anno

Antonio Signorini

Roma «La sfida del lavoro sarà centrale nella legge di Bilancio che approveremo lunedì, in modo particolare verso i giovani», ha spiegato ieri il premier Paolo Gentiloni. Domani il consiglio dei ministri approverà la manovra da 20 miliardi. Il decreto fiscale varato venerdì ha provveduto ad alcune delle coperture, ma altre dovranno essere esplicitate nella legge che vedrà la luce domani.

Il governo alzerà il velo anche sulle misure di crescita. Ma i numeri del Def già danno un'idea precisa di come saranno modulate e di quale lavoro parla il presidente del consiglio. La posta più rilevante della legge di bilancio è quella che riguarda il rinnovo del contratto del pubblico impiego.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco degli aumenti, graziando lo Stato dal pagare gli arretrati, tutte le manovre successive hanno dovuto mettere sul tavolo delle cifre per coprire gli incrementi salariali per i dipendenti pubblici.

Quelle aggiuntive del bilancio che uscirà dal consiglio dei ministri lunedì, saranno circa 1,9 miliardi di euro, compresi i 200 milioni di euro che servono a evitare che una parte di statali perda gli ottanta euro del bonus Renzi. Si aggiungono agli 1,5 miliardi già stanziati dalle precedenti manovre.

Non sono però compresi gli aumenti per le forze armate, quelle di sicurezza e quelli, sempre obbligatori, per i dipendenti degli enti locali. Alla fine il conto per il pubblico impiego supererà i 5 miliardi per aumenti pro capite lordi, ha calcolato recentemente Il Sole 24 Ore, di 1.520 euro per ognuno dei 3,5 milioni di dipendenti pubblici.

È evidente che per il lavoro privato resterà poco o niente. La decontribuzione e le misure «per i giovani» annunciate dal premier dovrebbero essere finanziate con la classica formula che stanzia per l'anno di competenza della legge di Bilancio una cifra bassa che poi cresce con gli anni.

Il sentiero stretto, insomma, penalizzerà soprattutto l'economia privata. Perché i margini di spesa sono pochi e alcune scelte, come quelle degli aumenti per gli statali, sono inevitabili. È invece una scelta non agire con più decisione sulla spesa pubblica improduttiva.

Il ministro Pier Carlo Padoan si è più che altro concentrato sulla trattativa con Bruxelles, attento a non andare oltre i limiti posti dalle istituzioni europee. Ieri, parlando al Fmi, il ministro si è concentrato sul nodo del debito pubblico. «È sempre stato un obiettivo del governo quello di mettere il debito sul sentiero di discesa. Dalle nostre previsioni scenderà nel 2017 e in misura significativa dal prossimo anno», ha spiegato, dando la colpa delle difficoltà alla «bassa inflazione».

La legge di Bilancio 2018, insomma, non farà scelte politiche nette. Per questo i partiti si preparano alla prossima legislatura. Ieri il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta ha annunciato che «nell'arco della prossima legislatura, una volta al governo, procederemo alla realizzazione della flat tax, finanziandola con la riduzione del debito. A mano a mano che si riduce il debito, si finanzia la compressione delle aliquote, in maniera tale da arrivare a fine legislatura ad una sola aliquota».

Il meccanismo è quello «soft» che prevede anche deduzioni e detrazioni che consente di mantenere margini di progressività.

A proposito del decreto fiscale approvato venerdì, Brunetta se la prende con la rottamazione bis.

«Povera sinistra che quando eravamo al governo noi tuonava contro i condoni e quant'altro, adesso sta raschiando il fondo del barile, e tutto questo è figlio dell'incapacità del ministro Padoan».

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