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"Autostrade ha minimizzato la gravità"

La commissione del Mit: «Crollo non dovuto a stralli». La replica: ipotesi

"Autostrade ha minimizzato la gravità"

Consapevolezza dell'«accentuato degrado» del ponte Morandi. Sottovalutazione del rischio. Mancata chiusura al traffico. Così, nonostante «il segnale di allarme inequivocabile», Autostrade «ha minimizzato o celato la gravità della situazione al Ministero delle Infrastrutture», e «non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela dell'utenza». L'accusa alla concessionaria arriva dalla relazione della commissione ispettiva del Mit, istituita dal ministro Danilo Toninelli all'indomani della tragedia di Genova per fare luce sulla catena di responsabilità del crollo. Causato, secondo i tecnici, non tanto nella rottura di uno o più stralli, «quanto in quella di uno dei restanti elementi strutturali».

Il documento punta il dito contro la società che aveva la responsabilità della manutenzione dell'infrastruttura, e sui precedenti interventi che erano stati fatti sul viadotto, giudicati «inappropriati e insufficienti considerata la gravità del problema», scrivono gli ispettori. Secondo cui l'usura della struttura era evidente nel progetto di retrofitting presentato nel 2017, i cui lavori sarebbero dovuti partire proprio in queste settimane, se la struttura non avesse ceduto prima seppellendo 43 vittime. Nella sottovalutazione i commissari accusano Aspi di non aver fatto «una analisi di sicurezza e una valutazione sismica del viadotto. Questa analisi non è nel progetto, laddove invece avrebbe dovuto esserci». Un documento che doveva essere concluso «entro il 31 marzo 2013» ma che la Commissione «non ha ricevuto» e anzi, «ha appreso» da una comunicazione con la stessa società, che «non esiste». Nel carteggio di mail intercorse tra la società e il Ministero, Autostrade si sarebbe premurata «unicamente di sollecitare l'approvazione del progetto presentato» che prevedeva «solo una parziale messa in sicurezza» del ponte mentre evidenziava «valori inaccettabili» in quanto a stabilità. Insomma, è il j'accuse, «pur a conoscenza di un accentuato degrado del viadotto e in particolare delle parti orizzontali» la società non ha «ritenuto di provvedere al loro immediato ripristino» e non ha adottato «alcuna misura a tutela dell'utenza».

Dopo la pubblicazione della relazione, a stretto giro la società ha diffuso una nota per ribattere punto su punto alle «mere ipotesi tutte da dimostrare». A partire da quel citato documento sulla sicurezza che, secondo la concessionaria, è «prescritto soltanto per infrastrutture situate nelle zone sismiche 1 e 2, e non nelle zone 3 e 4 al cui interno è collocato il Ponte Morandi». Sulla sottovalutazione Autostrade rivendica di aver speso circa «9 milioni di euro negli ultimi 3 anni e mezzo», e di aver costantemente monitorato l'opera tanto da aver deciso nel 2015 di realizzare l'intervento d retrofitting del ponte. Progetto a cui hanno contribuito, oltre alla controllata Spea, il Politecnico di Milano e la società Edin, chiarisce la concessionaria. E che durante lo studio «nessun elemento di rischio e urgenza è emerso dai progettisti, né dalla Commissione del Provveditorato alle Opere Pubbliche che ha valutato e approvato il progetto». Un organismo di cui facevano parte anche due ex membri della commissione che ora accusa la società dei Benetton.

Sotto la lente la procura di Genova che indaga sul disastro, ci sono anche i dirigenti ministeriali parte della struttura interna allo stesso Mit, la Vigilanza sulle concessioni, che aveva compiti di controllo sulla società.

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