Cronache

Avere un figlio killer. L'incubo di una madre

Possibile che anche la carne della tua carne, quel cucciolo che hai messo al mondo solo l'altro giorno, ti abbia tradito?

Avere un figlio killer. L'incubo di una madre

È che quando combatti e per tutta una vita perdi, succede che ti arrendi e chiudi. Passi la mano, smetti di giocare e basta. «Mio figlio è un assassino, gli ho detto che non mi vedrà mai più». È lo sfinimento e la sfiducia che parla. Soprattutto perché dentro muori di dolore. Possibile che anche la carne della tua carne, quel cucciolo che hai messo al mondo solo l'altro giorno, ti abbia tradito? A 15 anni non si può uccidere a bastonate una persona. Banda di ragazzini sbiaditi e annoiati, assassini per rubare la pistola a un vigilante. «Un branco di lupi contro un agnello», dice il questore e l'immagine è proprio quella. Killer per caso, la panetteria delle 3 del mattino trovata chiusa, e allora eccolo il piano da Gomorra contro quell'uomo. Le gambe del tavolo che sbucano da un cassonetto da usare per fracassargli il cranio. E scopri che il tuo bambino è uno di loro. Uno del branco.

Proprio quello che di giorno vedi spalmato sul divano e che ti fa arrabbiare, un adolescente come tanti e tanto svogliato, sempre a giocare con la Playstation, a guardare i messaggi su Facebook. Un ragazzino di oggi insomma, solo che lui in più cresce a Piscinola, quartiere popolare, con davanti Scampia. Ma possibile che la famiglia non conti? Che una madre non possa opporsi al destino bastardo? Sembra l'altro ieri, i pannolini e il passeggino, le pappe e le facce buffe, il primo giorno di scuola e le lacrime del tuo bambino; ti passa tutto sotto agli occhi in un lampo come in un istantaneo album di famiglia. E poi l'ultima immagine che cancella tutto: legni insanguinati per spaccare la testa a un uomo per bene. Per bene come lo erano loro prima di questa maledetta notte.

Vita di sacrifici, un padre parcheggiatore abusivo, lei le pulizie. A tirare avanti si fa fatica ma c'è l'orgoglio dell'onestà in un quartiere brutto che non ti dà niente, nessuna via di fuga. C'è solo la mala intorno, il sistema che anche se non ne fai parte in fondo ti influenza, ti fa dire e pensare come loro. E tu devi fare i salti mortali per tenere lontani questi figli dalla fogna. È che ci vuole la mente occupata, una madre lo sa. Desideri da coltivare e talento per volare, ma è difficile sognare quando fuori c'è schifo ovunque. Ci vuole voglia per fare e spesso è più facile affondare nel vuoto del niente. Le giornate a scorrere senza senso, e una madre queste cose le vede e soffre. Maledetta noia e maledetto vuoto dentro che ti fa picchiare senza rabbia ma con lucida crudeltà. Tanto per fare, tanto per dire. Figli ignoranti che li sentono i rantoli della morte ma li scambiano per un uomo che russa.

Occhi sbarrati e vuoto nella testa. C'è qualcosa di marcio dentro perché fuori è già tutto da buttare. Eppure a casa quella madre era convinta di aver fatto un buon lavoro, c'erano stati regali e feste di Natale, i sacrifici e la fatica a tirare avanti con i figli a non dover chiedere troppo che i figli so' pezzi 'e core. Difficile capire le fatiche dei grandi con un iPhone sempre in mano. «Non ha voluto studiare, lo stavo mandando in Germania a lavorare, l'unico modo per salvarsi. Doveva partire giovedì, per pochi giorni si è distrutto la vita». Rabbia e sfinimento perché lei ha perso davvero tutto. Tolta la speranza e il futuro non resta più niente davvero.

E che le fa dire: «Quello che ha fatto lo deve pagare».

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