Politica

Aziende di rifiuti in fiamme: ricatto della camorra

L'ipotesi investigativa è che la malavita con gli incendi voglia convincere lo Stato a «trattare»

Simone Di Meo

Napoli Serpeggia, nei corridoi dei ministeri grillini e in alcuni uffici giudiziari particolarmente «creativi», l'improbabile sospetto che gli ultimi roghi nella Terra dei Fuochi (due aziende in fiamme, prima a San Vitaliano, settantadue ore fa a Caivano) siano dei «messaggi» in codice. Veri e propri «pizzini» mafiosi dei clan che gestiscono il traffico di rifiuti recapitati ai piani alti dei palazzi romani per intavolare una «trattativa». Come quella che, secondo i giudici di Palermo, avrebbero chiesto e ottenuto i Corleonesi agli inizi degli anni Novanta, per il tramite dei carabinieri del Ros, con tanto di «papello» per allentare la pressione delle indagini su Cosa Nostra.

Forse un modo per vendicarsi delle nuove politiche del Governo e della nomina del ministro dell'Ambiente Sergio Costa, in particolare. Quest'ultimo, generale dei carabinieri forestali e già «regista» delle inchieste sui presunti disastri ambientali nell'area nord di Napoli, avvalorati e coloriti dai racconti dei pentiti dei Casalesi, come Carmine Schiavone, ma poi crollati alla prova dei fatti, e convinto sostenitore della tesi catastrofista di una Campania avvelenata e prossima al biocidio.

Una ipotesi investigativa, quella della «trattativa a sfondo ecologico», che non è ancora confluita in atti ufficiali ma la cui elaborazione sta appassionando gli addetti ai lavori, speranzosi di poter aprire un'epopea giudiziaria, proprio come quella siciliana, solo sulla base di un sillogismo spazio-temporale che suona più o meno così: poiché il «Governo del cambiamento» ha dichiarato guerra alla Terra dei fuochi, e poiché la Terra dei fuochi è da sempre un affare della camorra, la camorra ha deciso di lanciare la sfida con una serie di attentati a catena. Per fare cosa, però, non si capisce. Ma è un dettaglio.

La coerenza logica in indagini di questa natura è spesso sacrificata al fuoco appunto delle convinzioni. Finora, i componenti dell'esecutivo giallo-verde a parte le solite dichiarazioni pubbliche non hanno adottato provvedimenti di particolare incisività sul territorio in questo ambito. Né ci sono state evidenze giudiziarie (dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni) che abbiano testimoniato la volontà dei gruppi criminali napoletani o casertani di lanciare la sfida allo Stato pur di difendere il business della «monnezza d'oro». Circostanza ancor più solida alla luce della recentissima scelta di Nicola Schiavone, il figlio del boss Sandokan, di cambiare vita e di iniziare a parlare coi pm anticamorra.

Peraltro, gli incendi di queste ultime settimane non riguardano discariche tossiche o invasi gestiti dalle cosche, che in preda alla furia avrebbero deciso di oscurare il cielo con dense e micidiali colonne di fumo, ma serissime e conosciutissime aziende, specializzate nella raccolta dei rifiuti differenziati, che sono lontane anni luce dal contesto della Terra dei Fuochi. La cui natura dolosa o accidentale non è nemmeno certa.

Ma son dettagli, dicono i sostenitori della «nuova trattativa».

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