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Babbo Tiziano nel mirino Si cercano nuove telefonate

Renzi senior sempre più centrale nell'inchiesta, forse si è tradito. E un indagato parla di interventi ad alto livello

Babbo Tiziano nel mirino Si cercano nuove telefonate

Dopo la pubblicazione dell'intercettazione tra Matteo Renzi e suo padre, è caccia aperta alle altre conversazioni registrate dai carabinieri del Noe, su disposizione della Procura di Napoli, sul telefono di Tiziano Renzi. Non solo quella in cui l'ex premier chiama il babbo per strizzarlo sul caso Consip, il giorno prima che venisse interrogato dai magistrati sull'inchiesta che rischiava di stroncargli la carriera, ma tante altre in cui parla Renzi senior e che potrebbero essere importanti per capire se si è davvero dato da fare per aiutare chi voleva mettere le mani sugli appalti della centrale acquisti della pubblica amministrazione.

Quelle gare facevano gola a molti, non solo all'imprenditore Alfredo Romeo, in carcere da marzo per corruzione. Di lui è tornato a parlare recentemente l'ex funzionario Consip, Marco Gasparri, che per i suoi «consigli» sugli appalti ha ricevuto 100mila euro in tre anni dall'imprenditore campano ed ora è la gola profonda dell'inchiesta. Nel corso di un incidente probatorio, lo scorso 8 maggio, ha parlato dei suoi rapporti con Romeo: «Una volta mi disse che aveva fatto interventi a livello altissimo, io gli chiesi che vuol dire, più alto del Papa?. Lui non mi rispose, allora io gli dissi ma allora è Renzi?, che era presidente del Consiglio all'epoca, e lui non disse né sì né no, quindi non disse sì, ma neanche negò».

Per quanto riguarda invece la telefonata di Tiziano Renzi pubblicata da il Fatto, è stata considerata irrilevante dai magistrati romani ai fini dell'indagine: non conteneva nulla che provasse l'incontro tra il papà dell'ex premier e Romeo. Anche se c'era, tra gli investigatori, chi la pensava diversamente e avrebbe fatto un uso diverso del contenuto di quella conversazione padre-figlio. Ora l'attenzione è puntata sui brogliacci delle altre telefonate, in cui Tiziano Renzi potrebbe aver fatto qualche passo falso. Anche se dopo l'ennesima fuga di notizie sulla quale il procuratore aggiunto Paolo Ielo ha aperto un fascicolo per violazione del segreto istruttorio e per pubblicazione arbitraria di atti e dopo l'ispezione disposta dal ministro della Giustizia Andrea Orlando sulle Procure di Napoli e Roma, il riserbo è totale. Soprattutto ora che i pm della capitale hanno tolto la delega al Noe, di carte ne girano poche e quelle che girano sembrano seguire una precisa strategia. Adesso poi c'è anche un piccolo giallo su una nuova intercettazione di papà Renzi, che fa riflettere su come in questa inchiesta si parli più dei retroscena, delle fughe di notizie e dei veleni tra Procure, che del vero motivo per cui si indaga, cioè di appalti e tangenti. In questa conversazione, pubblicata ieri da La Verità, Tiziano Renzi parlando con il suo avvocato, Federico Bagattini, dice che l'ad di Consip Luigi Marroni, le cui dichiarazioni gli sono costate l'iscrizione nel registro degli indagati, «è ricattabile». Un'affermazione rilevante, soprattutto perché in quel periodo il legale di Renzi avrebbe voluto interrogare Marroni nell'ambito delle indagini difensive, sperando che l'ad avrebbe ritrattato le sue accuse su un incontro a Firenze in cui babbo Renzi avrebbe sponsorizzato con Marroni l'amico imprenditore di Scandicci, Carlo Russo, interessato anche lui alle gare Consip. Marroni, però, si è rifiutato di sottoporsi all'interrogatorio difensivo. Secondo La Verità, però, la Procura di Roma, alla quale l'intercettazione incriminata è stata inviata da quella di Napoli, ne avrebbe ordinato l'immediata distruzione come previsto dal codice a tutela delle conversazioni tra imputati e avvocati. Peccato però che ieri la Procura di Roma abbia negato di aver mai disposto la distruzione di qualsivoglia intercettazione nel procedimento a carico di Tiziano Renzi. «L'eventuale distruzione - ha fatto sapere il procuratore capo Giuseppe Pignatone - poteva essere disposta solo dall'Ufficio che aveva disposto l'intercettazione». Napoli, dunque.

A stretto giro, però, è arrivata una smentita anche dalla Procura campana.

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