Economia

La bad bank non convince. E la Borsa boccia Padoan

La garanzia pubblica scatterà soltanto per i prestiti meno rischiosi, ecco come funziona il sistema. Cadono le banche in Piazza Affari

La bad bank non convince. E la Borsa boccia Padoan

Roma - Non c'è niente da fare. Quando l'Italia chiede qualcosa all'Europa e magari la ottiene, si scopre sempre un «difetto» che compromette la buona riuscita dell'operazione. Ieri mattina il ministero dell'Economia, infatti, ha confermato le ipotesi del Giornale: l'ok alla garanzia di Stato «a prezzi di mercato» sulle cartolarizzazioni delle sofferenze bancarie difficilmente produrrà risultati soddisfacenti nel breve.

A riprova di questa affermazione vi sono gli andamenti dei titoli bancari in Borsa: il Banco ha ceduto il 7,8%, Bper il 4,07%, Carige il 3,4%, Ubi il 3,23%, Unicredit il 3% e Intesa l'1 per cento. Si è salvata solo Mps (+1,1%), ma solo perché il ministro Pier Carlo Padoan, incontrando ieri gli ad di Ubi e Bpm, ne ha «benedetto» le nozze che, in una seconda fase potrebbero coinvolgere proprio l'istituto senese. Una seconda prova è la precisazione dello stesso Padoan sul fatto che la garanzia pubblica «non avrà impatti né sul debito né sul deficit», circoscrivendone perciò l'efficacia.

Ma vediamo nel dettaglio perché esercitare il dubbio sia più conveniente che affidarsi fideisticamente alle tesi del governo. Partiamo proprio dal comunicato emesso da Via XX Settembre ieri mattina ricordando la situazione iniziale, ossia i 201 miliardi di sofferenze bancarie lorde che diventano circa 80 miliardi al netto delle svalutazioni e degli accantonamenti che coprono in media il 60% dei finanziamenti non onorati. Gli istituti di credito quando cederanno i loro non performing loans avranno l'obiettivo di massimizzare il prezzo di vendita, avvicinandosi proprio a quegli 80 miliardi teoricamente recuperabili messi a bilancio. Poiché Bruxelles ha detto no alla bad bank pubblica (o partecipata dallo Stato) l'unica possibilità sarà cartolarizzare, cioè vendere le sofferenze a un'entità (special purpose vehicle) che acquista le sofferenze ed emette obbligazioni suddivise in varie tranche: senior (crediti più facilmente recuperabili), mezzanine (medio rischio) e junior (rischio alto).

Il Tesoro, su richiesta, potrà garantire solo le tranche senior e farsi pagare le garanzie «a prezzo di mercato» sulla base dell'andamento dei credit default swap, i derivati che assicurano dal fallimento di un emittente. Inoltre, lo Stato non potrà garantire titoli che abbiano un rating inferiore all'investment grade, cioè minore della «BBB-» di Standard & Poor's. Le conseguenze sono evidenti: il riferimento al prezzo di mercato significa che chi vende difficilmente potrà spuntare quel 40% di valore nominale dei crediti a bilancio e all'atto della cessione soffrirà una perdita stimabile tra i 10 e i 30 miliardi. Poiché gli special purpose vehicle sono generalmente creati dalle banche stesse, chi ha un rating spazzatura (ad esempio Mps, Carige, Banco e Bpm) potrebbe essere tagliato fuori e comunque il prezzo della garanzia si avvicinerà molto all'1% dell'ammontare auspicato da Bruxelles, ma molto temuto dalle banche italiane.

Come ha commentato un esperto, «l'impatto sarà marginale perché molti vorranno evitare l'effetto-stigma», cioè un'eventuale perdita di affidabilità legata al ricorso alla garanzia. I possibili esborsi dello Stato, legati ai mancati rimborsi delle tranche senior, pertanto dovrebbero essere limitati. Più facile, tuttavia, sarà il ricorso alle piattaforme per la gestione delle sofferenze come quella creata di recente da Prelios e da Banca Akros. Il mondo delle imprese, però, è fiducioso che qualcosa possa muoversi.

«Chiediamo che per ogni euro di risorse liberate sia erogato un euro di finanziamento alle aziende», ha dichiarato il segretario generale dell'Unione artigiani di Milano, Marco Accornero.

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