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"Adesso che fine faremo...?". La nera profezia su Renzi&Co.

Tra gaffe e marginalità politica, nel partito di Renzi cresce il malcontento. C'è chi chiede un congresso, ma vede con grande preoccupazione la concorrenza dei dem e di Azione

"Adesso che fine faremo...?". La nera profezia su Renzi&Co.

Un fine settimana da incubo per Italia Viva, anzi “Italia fuggitiva”, come ironizzano nel centrosinistra preconizzando ulteriori fuoriuscite. Prima Matteo Renzi, che fa lo spettatore del Gran premio di Formula 1 nel Bahrein e finisce nuovamente nella bufera. Poi il presidente della commissione Finanze alla Camera, Luigi Marattin, multato per aver violato le norme anti-Covid. Il fondatore si è difeso, sostenendo di aver fatto un viaggio a titolo personale, senza gravare sui contribuenti, mentre il deputato ha ammesso l’errore di un pranzo fuori-legge, chiedendo scusa anche attraverso i social. Due fatti distinti ma che si sono sovrapposti sul piano temporale e non hanno giovato all’immagine di un partito che non sta scoppiando di salute.

Italia viva inchiodata al 2% nei sondaggi

Come se non bastasse è piombato un altro macigno: i sondaggi indicano il partito sempre più in affanno, fermo poco sopra il 2%, addirittura superato dai Verdi. Così anche i più inossidabili difensori di Renzi manifestano qualche malumore. “Non schiodiamo dal 2%, questo è un fatto”, spiega un parlamentare di Iv. “Il problema è che non abbiamo classe dirigente, non c’è una struttura con cui interfacciarci per fare politica. Con chi dobbiamo parlare per affrontare le questione reali? Insomma, messa così dove possiamo andare?”, è lo sfogo consegnato a IlGiornale.it. Così il timore è quello di altre partenze dai gruppi parlamentari. Dopo il ritorno nel Pd del senatore Eugenio Comincini, formalizzato la scorsa settimana, altri stanno facendo le proprie valutazioni. “Finché va via qualcuno alla spicciolata, possiamo anche far finta di niente. Il problema sarebbe se si staccasse un blocco…”, analizza con preoccupazione un’altra fonte renziana. Il futuro non sembra dei migliori e molto è legato alla strategia per le Amministrative. Più di un parlamentare osserva: “La questione dirimente è stare nel campo del centrosinistra. Allearsi con la destra non può essere un’opzione”. Una tesi già espressa pubblicamente dal deputato Camillo D’Alessandro, che fa molti proseliti. In caso di spostamento a destra, lo smottamento appare inevitabile.

L’assedio arriva da più fronti. L’approdo di Enrico Letta alla guida dem fa da calamita ai delusi del progetto Italia Viva: la linea del segretario è quella di non forzare la mano. Non vuole dare l’idea di meditare vendette, nella consapevolezza di avere una maggiore forza in questa fase. “Sono loro che nel caso devono cercare noi, non viceversa”, riferisce una fonte dem. Una calamita, appunto. La concorrenza di Letta si manifesta anche sotto forma di consensi elettorali, che sono più importanti di qualche parlamentare in più. “Il focus della missione di Letta è tutta al centro, nell’area che vorrebbe occupare Renzi”, ha analizzato il presidente dell’Istituto Ixè, Roberto Weber.

La concorrenza di Calenda

Ma c’è di più. “Chi inizia a minacciare Italia viva è Calenda, che copre lo stesso spazio politico di Renzi, ma trasmette le sensazione di un partito con un potenziale di crescita”, osserva un esponente del Pd, che ben conosce le dinamiche interne a Iv. “Molti - aggiunge - non vogliono tornare con noi, visto il dialogo con Conte e i 5 Stelle. Ma sulle posizioni anti-grilline Calenda rappresenta una garanzia”. Dunque, i renziani doc iniziano a sentirsi stretti tra i dem e Calenda.

C’è comunque chi in Italia Viva continua a fare professione di ottimismo: “L’operazione governo-Draghi è stata possibile grazie a noi. È come se avessimo acquistato delle azioni in Borsa quando valevano poche, ora dobbiamo attendere l’incasso”, sostiene un altro renziano. Una posizione che potrebbe diventare ben presto isolata: “Senza un congresso e un rilancio del partito, il governo non ci porterà un voto in più. Sia chiaro è un bene che ci sia Draghi a Palazzo Chigi, ma senza un’incisiva azione politica ci rende marginali”. Una riflessione che riporta tutto al punto di partenza: avviare una fase congressuale vera. Per indicare una leadership in grado di strutturare il progetto.

Sempre che non sia troppo tardi.

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