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Banche, tocca allo Stato: Padoan parla al deserto poi il via ai 20 miliardi

Sì del Parlamento all'aumento del debito per gli istituti. Durante la relazione Aule vuote

Banche, tocca allo Stato: Padoan parla al deserto poi il via ai 20 miliardi

Gli impatti degli interventi necessari a salvare le banche, in particolare il Monte dei Paschi, sui risparmiatori «saranno assolutamente minimizzati o resi inesistenti», ha promesso ieri il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. Ma a essere ridotto al minimo, quasi all'inesistenza, era nel frattempo il parterre dell'aula di Montecitorio. Una quarantina di deputati giunti (non si può dire di buon mattino, perché erano le dieci passate da un bel po') per ascoltare la replica del ministro prima del voto finale.

In ballo, non roba da poco. Anzitutto i venti miliardi di aggravio sul deficit pubblico, ovvero bruscolini di una certa rilevanza per ciascuno di noi cittadini. Anche un bel tesoretto, però, a disposizione le misure di salvataggio del sistema bancario. C'è di più: il via libera del Parlamento, arrivato in giornata anche dal Senato, ha aperto prospettive nuove (seppur non inattese) al governo Gentiloni. Al punto di far dire al presidente del gruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, che si è trattato della «prima vera grande discontinuità» rispetto alla compagine fotocopia del predecessore, Matteo Renzi. Non tanto nella sostanza degli interventi previsti, quanto nella forma. Ovvero nel metodo. «Il ministro Padoan - ha continuato Brunetta - ha accettato la nostra ferma richiesta di coinvolgere tutti i gruppi parlamentari nelle decisioni in ambito di politica economia e segnatamente ai provvedimenti bancari che verranno fatti nelle prossime settimane». Cosa mai avvenuta con Renzi, inutile dirlo, che andava avanti per decreti legge e fiducie sui decreti legge.

Padoan invece ha confermato che «il governo cercherà una valutazione condivisa il più ampia possibile delle misure specifiche su singole banche». Conquistando così il voto di Forza Italia e quello dei verdiniani di Ala. Questi ultimi, con Saverio Romano, hanno tuttavia evidenziato l'«impegno a scatola chiusa». Amplissima la maggioranza per il via libera: 389 favorevoli e 134 contrari alla Camera; 221 sì, 60 no più 3 astenuti al Senato.

L'intervento «precauzionale», spera il ministro dell'Economia, avrà «di per sé un impatto positivo sul sistema bancario e sulla fiducia dei mercati». Obiettivo del governo, ha spiegato, è quello di «mantenere la stabilità finanziaria, che è un bene di tutti, e tutelare al meglio il risparmio. Come avverrà, andrà valutato nei casi specifici». Vale a dire, caso per caso. Si è trattato perciò di una specie di «cambiale in bianco» rilasciata al governo da parte dell'opposizione più responsabile e, come detto, «condizionata alla discontinuità» che ora dovrà essere verificata nella concretezza dei fatti. Netto invece il «no» dei Cinquestelle («Salviamo il Mps non il Pd», è stato il monito di Beppe Grillo) e degli altri gruppi minori (Lega, Si, Cor).

Padoan non ha mancato di rasserenare il clima il più possibile - di mezzo ci sono anche i rigidi vincoli Ue -, spiegando che l'autorizzazione a un maggiore indebitamento fino a 20 miliardi per il sostegno bancario rientra tra gli one-off, ovvero «gli interventi temporanei che non hanno impatto sulle grandezze strutturali che sono quelle che contano ai fini del Patto di stabilità e crescita». La cifra, inoltre, «è sufficiente a dare un impatto segnaletico, ma non esagerato, perché indurrebbe a pensare che la situazione è più grave di quello che è...». Infine, le rassicurazioni ai risparmiatori retail, che il governo promette di impegnarsi a tutelare in ogni modo, «stiamo dando il massimo per ottenere le migliori condizioni possibili», pur «tenendo conto dei margini della normativa europea sugli aiuti di Stato».

Il decreto per Mps, ieri naufragata su ogni fronte, si attende ad horas.

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