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Bankitalia rifà i conti all'esecutivo: «Ripresa? Siamo in stagnazione»

Roma«Siamo in una fase di ristagno. Siamo fermi, e questo è un problema». Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, intervenuto a un seminario organizzato dal ministero degli Esteri, ha nuovamente sottolineato la difficile situazione economica del Paese. «Si prevede che solo alla fine di quest'anno il Pil dell'area euro ritornerà ai livelli produttivi del 2008, l'economia italiana è ancora molto lontana e ci vorranno diversi anni», ha aggiunto.

Il numero uno di Bankitalia non si è mostrato del tutto pessimista, ma ha evidenziato la necessità di intervenire per recuperare il tempo perduto. «Siamo in ritardo su praticamente tutto, ma abbiamo l'opportunità notevole di colmare il gap e ce l'abbiamo in tante aree e settori: in questo Paese c'è ancora un potenziale da cogliere», ha rimarcato ribadendo l'importanza di «vincere le resistenze al cambiamento». Visco non ha letto un discorso già preparato, come accade di solito, ma ha «improvvisato». L'avvertimento al governo Renzi si è così avvertito in maniera più chiara del solito, soprattutto quando si è riferito alla riforma della scuola precisando che deve essere fatta «anche nei programmi, non solo nell'occupazione». Un modo elegante per dire che la qualità dell'intervento del governo non è elevata e che si tratta solo di un'infornata da 100mila assunzioni.

Se Visco ha lasciato intendere quali siano gli effetti di un sistema economico distorto (la mancata crescita), la Corte dei Conti è stata molto più palese nell'elencarne le cause. «La prospettiva di una pressione fiscale che resti sull'attuale elevato livello appare difficilmente tollerabile», ha detto ieri Enrica Laterza, presidente di coordinamento delle sezioni riunite dell'organo contabile, ricordando come il 43,5% di carico fiscale sul Pil del 2014 sia pari a 1,7 punti in più della media di Eurolandia. Un fardello insostenibile se si pensa che la rigidità della spesa per le pensioni frena la spending review e che la politica non riesce a tagliare i propri costi (tra i quali inserire 165 enti statali costati 45 miliardi nel biennio 2013-14).

Di qui la proposta di «una riscrittura del patto sociale»: minore intervento pubblico e maggiore contributo dei cittadini ai costi dei servizi per ritornare a crescere.

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