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Bastava cancellare le Province per evitare manovre

Bastava cancellare le Province per evitare manovre

L'ombra di Renzi continua ad aleggiare sulle nostre teste. Prendiamo il caso delle Province e del Cnel: i due carrozzoni di Stato sono ancora sul nostro groppone per colpa dell'ex premier che ha voluto raggruppare i quesiti sulla loro abolizione tra i punti da votare al referendum dello scorso 4 dicembre. Uno specchietto per le allodole per ottenere quel pugno di voti in più, fondamentali, nella testa di Matteo, per rimpinguare il tesoretto dei Sì. Chi, infatti, non avrebbe voluto lo scioglimento dei due organi costituzionali che alimentano il pozzo di San Patrizio del debito pubblico? Ecco, quindi, la trovata del putto di Firenze quando sarebbe bastato fare approvare da mesi la soppressione con la maggioranza qualificata dei due terzi di Camera e Senato senza dover attendere la consultazione popolare.

Ora la storia è diventata paradossale perché solo le Province, che si limitano a gestire scuole e strade, continuano a costare 5 miliardi di euro l'anno mentre il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, sta sudando le proverbiali sette camicie per rastrellare quei 3,4 miliardi necessari per evitare le sanzioni di Bruxelles. Sarebbe stato sufficiente cancellare a tempo debito Province e Cnel, senza attendere il 4 dicembre, per evitare le angosce di questi giorni anche se la soppressione di quegli enti non avrebbe portato, ovviamente, all'azzeramento automatico dei rispettivi costi. Quello che sta accadendo è certamente la miglior dimostrazione di quanto, con la furbizia italica, si vada poco lontano. Se gli ultimi governi avevano, infatti, confermato la volontà di abolire i due organi - soprattutto l'ultimo esecutivo guidato da Berlusconi e il governo Monti, con il decreto «salva Italia» che poi non ha salvato nulla - il ministro Delrio ha solo mescolato e confuso le carte in modo che non si è, poi, voltato pagina anche per colpa dell'escamotage di Renzi.

Se la situazione delle Province è esplosiva, al Cnel siamo addirittura alla farsa: è vero, l'ex terza Camera costa «solo» 7 milioni di euro l'anno (5 servono per retribuire i 63 dipendenti oggi praticamente inutilizzati e 2 per tenere aperta la prestigiosissima sede di Villa Lubin ), ma è anche in atto un braccio di ferro tra la Corte dei conti e i 23 consiglieri superstiti che non hanno restituito vecchie indennità ricevute. Nelle cause di lavoro loro sono bravissimi: il Cnel è o non è il Consiglio nazionale per l'economia e il lavoro?

Sarebbe davvero il caso di mettere la parola fine a questi organi, ma temo che, tra riforma elettorale sul tappeto e varie ipotesi di voto anticipato, se ne riparlerà chissà tra quando.

E il prelievo sulla super «pro Renzi» non ce lo toglierà nessuno.

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