Politica

Il battesimo di baby Vendola e quei cattolici à la carte

di Felice Manti

La scelta di battezzare Tobia nella terra dei parenti di Eddy Testa, padre biologico del bambino, la dice lunga sulla nuova vita di Nichi Vendola. L'ex leader di Sel cerca di fuggire dai riflettori e ha deciso di tenersi lontano dalla sua Puglia dove ormai in pochi lo vedono di buon occhio per quei 5.700 euro di pensione da ex governatore a soli 58 anni mentre i suoi coetanei sono vittime della legge Fornero o delle disgrazie dell'Ilva di cui Vendola rideva al telefono. Per il compagno Nichi comunismo e cattolicesimo sono à la carte. Si prende ciò che piace e si butta il resto. Si strizza l'occhio alla Chiesa per avere i voti dei cattolici e poi si approvano le nozze gay, le adozioni omosessuali e si spalanca la strada all'utero in affitto, forse la peggiore forma di mercimonio del corpo femminile che infatti indigna sempre più donne di sinistra. D'altronde il Papa ha aperto ai gay («Chi sono io per giudicare», ha detto), ha fatto capire che la comunione ai divorziati è cosa buona e giusta, lo stesso parroco che l'ha battezzato si è mosso in linea con quello che dice Bergoglio («Non creare nuovi atei»). Ma il peccato commesso da Vendola è fatale e imperdonabile. Sulla famiglia - la vera battaglia del secolo appena iniziato - non ci sono mediazioni. Non si può strappare un bambino a una madre, neppure gratis. Nessun cattolico può pensare di sganciare una nuova vita dalla genitorialità naturale, di crearla in un laboratorio, di pianificarla geneticamente e poi cavarsela battendosi il petto. Il povero Tobia non ha colpe ma è stato condannato a una vita dimezzata da chi dice di amarlo.

Un altro peccato, ancor più imperdonabile.

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