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Il bello di Scervino è il fascino della divisa con ricami e merletti

Vince lo stile militare ma sexy. Bottega Veneta è Anni '40, Missoni esalta la ricerca d'archivio

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«Se fossi un cacciatore nella campagna aperta, se fossi un po' soldato o se almeno fossi un uomo, guida mi sarebbe il cielo». L'ha scritto nel 1844 la poetessa tedesca Annette Von Droste-Hülshoff, l'ha messo in pratica Ermanno Scervino con la collezione donna del prossimo inverno in passerella ieri a Milano. La sfilata comincia dal magnifico tailleur pantalone principe di Galles con il punto vita segnato che crea una piacevole rotondità sui fianchi. Subito pensi al confronto tra maschile e femminile che è da sempre un motore di ricerca del brand fiorentino, ma stavolta c'è di più: un dialogo serrato tra il fascino della divisa e la femminilità di pizzi, merletti, ricami luccicanti e tocchi di pelliccia. In rapida successione arriva un pastrano militare grigio chiaro con collo e bordo delle tasche in mongolia bianca. È solo il primo di una serie d'incredibili modelli con le mostrine gioiello, le maniche a manicotto arricciato, i colori più teneri del mondo (rosa pallido o azzurro avio) ma anche l'austero blu navy oppure il classico verde militare. Non manca una sublime versione in pizzo nero come il sottostante tailleur pantalone che precede una serie di abiti blu-black fasciati sul seno e con la gonna a tutù in cui convivono le trine al tombolo, il macramè, degli inserti in pizzo Chantilly plissettato e il plumetis. Sotto però le modelle indossano pratici stivali cuissard dalla suola sportiva: insomma un gran bel lavoro che comprende una pelliccia tinta d'argento, dei pullover a coste diamantate e delle scarpe modello Mary Jane con cinturino-ghetta: tra le poche cose nuove viste nel corso di una giornata in cui tutto ci sembra deja vu.

Prendiamo il caso di Bottega Veneta, marchio di sublime eleganza disegnato da Tomas Maier che stavolta parla di «linee precise a partire dalle spalle e di raffinatezza senza sforzo». Tutto vero, ma quella costruzione sartoriale della spalla che inevitabilmente porta alle maniche un po' gonfie «a jambon», fa subito anni Quaranta e non è il solo riferimento colto all'epoca in cui Elsa Schiaparelli cominciava a insidiare il primato creativo di Coco Chanel. Ci sono le pellicce effetto scimmia (quelle della Schiap erano nere e vere, queste sono color cipria ed ecologiche) e perfino gli stivaletti pelosi che la grande Elsa fece fare per sé in tempo di guerra. Dunque una gran bella rilettura stilistica, ma quando tocca rileggere significa che il nuovo spaventa. In quest'ottica arriva l'iniziativa di Angela Missoni che fornisce a tutti gli invitati e alle modelle un Pink Pussy Hat (il cappellino rosa con le orecchie da gatto della protesta femminile contro Trump) come se servisse a qualcosa indossare un brutto cappello a una bella sfilata. La brava designer ha festeggiato 20 anni alla guida creativa della maison di famiglia con un'intelligente ricerca d'archivio: circa 60 anni di forme, colori, disegni e lavorazioni made in Italy, ai piedi del Monte Rosa che è come un nume tutelare dei Missoni. Anche da Luisa Spagnoli si guarda indietro per progettare un futuro migliore.

Ecco quindi i golfini d'angora che hanno fatto la fortuna iniziale del brand, i fiocchi, la linea ad A e l'immortale stile di Jackie Kennedy attraverso il film con Natalie Portman.

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