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Berlusconi all'attacco: "Di Maio non può dirmi che cosa devo fare"

Il Cav replica al grillino e attende le nuove mosse degli alleati. L'ira contro il «Fatto»

Berlusconi all'attacco: "Di Maio non può dirmi  che cosa devo fare"

Rompere le uova nel paniere altrui è sempre una goduria. Per Silvio Berlusconi l'occasione si è presentata giovedì al Quirinale, quando ha mandato il frantumi il quadro dell'accordo Di Maio-Salvini, come l'avevano venduto gli interessati a Sergio Mattarella.

E ieri, per chi non avesse voluto capire, dal Molise il leader di Forza Italia ribadiva il suo no al veto del M5S: «Non c'è nessuno che può dire Tu sì o tu no, perché è contrario alla democrazia». Insomma, non sarà Di Maio a dire a Berlusconi «quel che deve fare: è un compito degli elettori».

Il Cavaliere è nella piccola regione che va al voto il 22 aprile per dimostrare, plasticamente, che lui è il leader, attivo come sempre in campagna elettorale. «C'è e ci crede - spiega uno dei più alti esponenti di Fi - Vede Salvini caricare di senso politico queste consultazioni, in realtà molto limitate, dopo un voto nazionale che ha già sancito i successo del centrodestra. Probabilmente, conta di vincere in Friuli il 29 e poi proporre il partito unico a Fi, arrivare alla rottura. Ma se il leader della Lega tradirà, Berlusconi è pronto ad andare all'opposizione, vera, non ammiccante». Non intende spianare la strada a Salvini e dargli in dote i voti di Fi, accettando di entrare sotto mentite spoglie in un governo che lo rifiuta. Certo, finora l'alleato non ha scoperto le carte, non gli ha chiesto il passo indietro che Di Maio reclama. Rimane il candidato-premier indicato dal centrodestra, nella consapevolezza che lui stesso ha forti dubbi, la paura di bruciarsi.

Per una volta i consiglieri del Cav, Gianni Letta e Niccolò Ghedini, sono uniti nel prepararlo al tradimento che lo taglierebbe fuori dai giochi, ma gli indicano la via attendista: «Aspetta che vada avanti nel progetto di alleanza con i grillini e se fa il passo falso, solo allora, sarà il momento di rompere».

Berlusconi, intanto, invia segnali espliciti ai 5Stelle. Sa che hanno almeno tre anime: quella trattativista di Di Maio; quella movimentista di Di Battista, «che continua ad avvelenare i pozzi», dicono gli azzurri e ieri ha sparato l'ultima salve; quella radical-caviar di Fico, che potrebbe non dispiacere al Pd. «Un incarico esplorativo al presidente della Camera - ragiona un senatore di Fi- più che istituzionale sarebbe politico, metterebbe altra pressione sul M5S perché trovi una soluzione, potrebbe smuovere i dem o aprire al patto con il centrodestra. Di Maio al Colle era in grave imbarazzo, doveva risolvere il rebus in 15 giorni e invece ...».

Per il Cav rimangono aperte tutte e 6 le ipotesi che ha illustrato ai fedelissimi nel pre-vertice di Palazzo Grazioli, prima di salire al Colle. 1) Governo centrodestra-M5S, con piena dignità di Fi e ministri scelti dal leader, non solo di area. 2) Governo M5s-Lega, che farebbe di Salvini il numero due di Di Maio. 3) Governo M5s-Lega-Fdi, se anche Giorgia Meloni volesse essere della partita. 4) Governo centrodestra-Pd, se i dem uscissero dall'isolamento. 5) Governo Pd-M5S, se i dem cedessero a Di Maio. 6) Governo del presidente. Per Berlusconi e Fi sono percorribili solo le alternative 1, 4 e la 6 rimane come ultima chance. Altrimenti, opposizione o voto (molto rischioso). Perché perdere la faccia oggi sarebbe molto peggio che perdere qualche poltrona. «Il passo indietro di Berlusconi è qualcosa di lunare, surreale. Tanto più che non parteciperebbe in prima persona al governo che si sta facendo. Il gioco di M5s è elettorale, questo veto è irricevibile», dice Giovanni Toti. Dopo mesi di distanza, mercoledì il governatore della Liguria e il Cav si sono risentiti, sembra avviato un disgelo, per qualcuno potrebbe preludere ad altro.

Con il partito di Renzi-Martina il Cav tiene sempre la porta aperta, ma sa che la via è difficile. Lo confermano Letta e Confalonieri, che avrebbe incontrato Lotti. Con i grillini i contatti sono ridotti all'osso, anche se la manager Mediaset Andrea Delogu era alla simil Leopolda della Casaleggio ad Ivrea, «come presenza».

A far infuriare il Cav ieri è stato Il Fatto, che l'ha sbattuto in prima pagina come «Delinquente», con la maiuscola.

Niccolò Ghedini, in veste di avvocato di Berlusconi, parla di «inaccettabile» ed «evidente contumelia», preannunciando azioni giudiziarie.

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