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Berlusconi avverte Salvini: "Nessuno è autosufficiente"

E ribadisce il no al partito unico: "Vince il centrodestra plurale". Nei prossimi giorni via al rinnovamento di Fi

Berlusconi avverte Salvini: "Nessuno è autosufficiente"

Tra un Pd «in crisi» e un M5S «marginale», dice Silvio Berlusconi dopo i ballottaggi amministrativi, «quello che vince è un centrodestra plurale, nel quale nessuna forza politica è autosufficiente».

Il leader di Fi legge ed interpreta ad Arcore i risultati elettorali. Riconosce il «buon risultato della Lega», traino della coalizione, però ribadisce il suo no al partito unico, su cui insiste in modo irritante e anche a urne aperte il governatore della Liguria. Giovanni Toti sembra autocandidarsi come successore, opponendosi anche al presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, vicepresidente di Fi in pectore. Ma le sue speranze andranno deluse.

Berlusconi non ha parlato con Matteo Salvini dopo i ballottaggi e nel suo comunicato avverte il vicepremier che ha un forte consenso popolare, ma non è autonomo dal centrodestra e da solo non va da nessuna parte con il suo 20%. Sottolinea che, accanto al successo del Carroccio, c'è l'«ancora più forte affermazione di liste e candidati civici, senza un chiaro riferimento di partito, espressione piuttosto di quella società civile che fatica a riconoscersi nell'offerta politica tradizionale». Molte personalità elette in quelle liste vengono dal mondo di Fi e il contributo degli azzurri al risultato elettorale rimane determinante, dimostrato anche dall'aumento dei sindaci di nei grandi comuni.

Se il centrodestra rimarrà unito e conserverà le sue diverse anime - Lega, Fi, Fdi- potrà presto tornare a governare. Perché, ragiona il Cavaliere, di fronte ha un Pd che perde il tradizionale radicamento locale e vede crollare anche le roccaforti rosse. «La caduta di città simbolo - commenta - come quelle della Toscana ingigantisce il fenomeno, che comunque si riscontra, anche se in misura meno clamorosa in tutto il territorio nazionale, anche nei centri minori». Dall'altro lato ha un M5S che «rimane marginale nel governo locale» e raccoglie «un voto di reazione e di protesta emotiva», senza «un'adesione consolidata e motivata». Voto volatile.

L'ex premier, però, ammette che il dato elettorale e il forte astensionismo impongono a tutte le forze politiche un rinnovamento. «A cominciare dalla nostra», dice, per aprirsi ad «altre energie nuove e coinvolgerle in un progetto politico complessivo, espressione di quell'altra Italia che oggi non partecipa alla vita pubblica, ma che rappresenta il cuore pulsante del Paese».

Sono attesi per la prima settimana di luglio i suoi primi passi in questo senso: Tajani vicepresidente; comitato operativo con i capigruppo Gelmini e Bernini, probabilmente anche gli ex Brunetta e Romani, poi Toti e Carfagna; nuovi coordinatori regionali, giovani per il web, forse un nuovo nome per Fi. Il Cav interverrà dove «i risultati non sono stati all'altezza delle attese». Qualche testa cadrà, qualche nomina è dietro l'angolo. Ma tutto, stavolta, per passaggi condivisi collegialmente. Con l'obiettivo di tornare alla guida della coalizione. Il messaggio politico forte, è quello che ripetono i dirigenti azzurri, soprattutto all'indirizzo di Salvini. «Siamo trainanti soprattutto al Sud- spiega Tajani-, al centro, come a Viterbo, abbiamo avuto buoni risultati e anche al Nord, come a Sondrio. Berlusconi, di nuovo candidabile, rilancerà il partito e nel centrodestra torneremo a vincere. Certo, c'è da lavorare».

Scrive su Fb la Gelmini: «Fi è viva, determinante, essenziale per la vittoria della nostra coalizione».

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