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Berlusconi deluso: accuse inverosimili ma me l'aspettavo

Il Cavaliere parla solo in privato del processo d'appello Ruby. Nuovo Senato, i dubbi sulle tempistiche volute dal premier

Berlusconi deluso: accuse inverosimili ma me l'aspettavo

Il silenzio è d'oro, soprattutto in giornate come quella di ieri. Quasi un venerdì nero per Silvio Berlusconi, che da Milano si vede recapitare la requisitoria con cui il pg apre l'appello del processo Ruby chiedendo la conferma della condanna a sette anni mentre da Bari arriva la richiesta di rinvio a giudizio per aver indotto a mentire Gianpaolo Tarantini nel processo escort. Un uno-due che lascia l'ex premier piuttosto perplesso e per nulla di buon umore, timoroso com'è che quello che considera un vero e proprio disegno per metterlo all'angolo «per via giudiziaria» sia ancora attuale.

Insomma - è il senso dei ragionamenti che l'ex premier affida ai suoi pochissimi interlocutori telefonici - nonostante il senso di responsabilità manifestato in questi anni prima con il governo Monti poi con quello Letta e infine con l'attuale esecutivo Renzi sul fronte riforme, continuano a trattarmi come un delinquente, insistono nel voler archiviare con le procure venti anni di storia politica. Considerazioni private, con il leader di Forza Italia che si raccomanda ripetutamente affinché restino tali. D'altra parte, i vincoli imposti dal tribunale di sorveglianza sono noti e l'ex premier non ha alcuna intenzione di vedere inasprito l'attuale regime imposto dai servizi sociali (proprio ieri ha passato la mattina nella casa di cura di Cesano Boscone dove presta servizio come ogni venerdì).

In pubblico, dunque, Berlusconi tace. Perché, fa sapere ai suoi, «non mi aspettavo nulla di diverso» di una requisitoria che non è altro che la fotocopia sbiadita dell'inverosimile teorema accusatorio di primo grado. Lo dice in chiaro mezza Forza Italia. Ad aprire il fuoco di fila è Giovanni Toti. Il consigliere politico di Berlusconi parla di «copione già visto» e di «requisitoria tenuta insieme con lo scotch» visto che ci sono «solo teorie e nessun fatto provato». Poi tocca a Deborah Bergamini, responsabile comunicazione di Forza Italia. «La requisitoria va da una parte - dice - e i fatti dall'altra. Spiace si continui sempre allo stesso modo». Dopo di loro, Renato Brunetta, Mariastella Gelmini, Anna Maria Bernini, Luca D'Alessandro, Maurizio Gasparri, Vincenzo Gibiino e via a seguire. Tutti a puntare il dito contro «una requisitoria che attribuisce fatti non suffragati da prove».

Un clima, insomma, piuttosto teso. Che vede sullo sfondo il dibattito interno a Forza Italia sulle riforme. Proprio ieri, infatti, i 22 senatori frondisti stavano lavorando su un nuovo documento in cui ribadire le perplessità sul Senato non elettivo e di fatto lanciare il messaggio che l'incontro di giovedì con Denis Verdini non avrebbe affatto cambiato gli equilibri. A sera, però, il testo non era ancora stato reso pubblico, mentre i senatori Augusto Minzolini, Cinzia Bonfrisco e Domenico Scilipoti ribadivano con una nota la necessità di un «Senato elettivo» oltre che la loro «indiscussa lealtà» a Berlusconi.

Non tanto su questo, quanto sulla necessità di una tempistica meno frenetica (come aveva chiesto nella riunione di giovedì scorso Raffaele Fitto) pare stia facendo una riflessione Berlusconi. Anche perché il timore che hanno alcuni è che Matteo Renzi spinga per il via libera entro la prossima settimana per chiudere prima della sentenza Ruby (attesa dal 18 luglio). Così da «fregarlo», insistono diversi frondisti. L'ex premier su questo non si avventura, ma il fatto di doversi «impiccare a una data» per fare le riforme di corsa non lo convince fino in fondo.

Che a far le cose di fretta c'è il rischio vada a finire come con la riforma del Titolo V approvata dal centrodestra nel 2001.

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