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Berlusconi ora cala il jolly: sì a un governo d'emergenza

Il Cavaliere al Colle apre a un premier di "alto profilo" e chiude al M5s: "No ai pauperisti e ai giustizialisti"

Berlusconi ora cala il jolly: sì a un governo d'emergenza

«Un governo per le urgenze del Paese». Responsabilità, concretezza e disponibilità sono le parole chiave di Silvio Berlusconi, nell'incontro con il presidente della Repubblica. A Sergio Mattarella il capo della delegazione di Forza Italia, accompagnato dai capigruppo alle Camere Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini, chiede un nuovo esecutivo guidato dalla Lega, «forza politica più votata» del centrodestra, che non avendo però i numeri dovrà trovarli con altre forze. Poi apre ad un piano B, con un premier «di alto profilo» e una maggioranza basata su «accordi chiari, su cose concrete, fattibili e credibili, in sede europea». Dopo due sì, arriva il no a Di Maio: «Non siamo disponibili a soluzioni di governo nelle quali prevalgano l'invidia e l'odio sociale, il pauperismo e il giustizialismo». Termini sempre usati per indicare i 5s, cui si riferisce anche quando auspica intese tra centrodestra e altri «senza conventio ad excludendum». Nel studio alla Vetrata è il capo dello Stato a prospettare alla delegazione di Fi i rischi per il sistema Italia, quelli economici, bancari, occupazionali. E parla molto di Europa, Mattarella, dei patti da rispettare sul piano internazionale. Mostra grande attenzione quando Berlusconi riferisce delle preoccupazioni a Bruxelles, in particolare nel Ppe, per un possibile governo sovranista, senza una forza moderata ed europeista come Fi.

Nella dichiarazione dopo la consultazione, il Cav indica infatti il suo partito come l'unico del centrodestra garante del rispetto degli impegni con la Ue e sul piano internazionale. Dice, insomma, che solo lui può moderare spinte populiste della Lega e spinte pauperiste del M5S, che metterebbero «in grave difficoltà il nostro Paese» e innescherebbero in Europa «una spirale recessiva». Serve un governo solido, sostiene, con un «programma coerente e, soprattutto, in grado di lavorare per un arco temporale adeguato». Nessun esecutivo a tempo e questo è un netto no a nuove elezioni. Parlando di «dilettanti» Berlusconi usa una definizione già scelta per i 5stelle, ma avverte anche gli alleati più euroscettici. «In Europa -spiega - è necessario tutelare gli interessi italiani meglio di quanto è stato fatto finora. Ma non ci perdonerebbero mai populismi, dilettantismi e improvvisazione». Di fronte a Mattarella Berlusconi difende l'unità del centrodestra, lontano «per valori e programmi da forze che vogliono governare con dei veti e che si presentano come il nuovo mentre il Parlamento fanno da assopigliatutto, negando per la prima volta una vicepresidenza alle minoranze». Per la chiusura del Pd esprime sorpresa, dice che si aspettava «una partecipazione attiva» dopo un risultato elettorale legato al sistema proporzionale che i dem «hanno voluto» e non esprime chiaramente vincitori e sconfitti come il maggioritario.

Descrivono il Cavaliere fortemente irritato dall'aut aut che lo riguarda di Di Maio a Salvini, per spingerlo ad uscire dalla coalizione, magari dopo le regionali in Molise e Friuli con candidati condivisi. L'asse Carroccio-M5s lo taglierebbe fuori, ma anche Salvini diventerebbe socio di minoranza del M5s. E allora, o Di Maio cambia tattica o la cambia il Pd.
«Non facciamo giochi di palazzo, non ci interessano le poltrone- dice a Carta Bianca su Rai3 Antonio Tajani-. Quella dei 5s è la brutta copia della politica andreottiana dei due forni. Non siamo disponibili a subire umiliazioni».

Per la Bernini, bisogna «dare all'Italia un governo stabile e autorevole, capace di affrontare le emergenze del Paese».

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