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Berlusconi: "Renzi bara anche sul voto"

La data delle elezioni nell'ultimo giorno del lungo ponte di giugno infiamma le proteste. Centrodestra unito al 30,2% a un passo dal Pd

Berlusconi: "Renzi bara anche sul voto"

Silvio Berlusconi lancia l'allarme Amministrative. La decisione di Matteo Renzi di fissare la data del voto nell'ultima giornata di un lungo ponte accende perplessità e malumori. L'idea di fondo è che il premier voglia lucrare sull'astensionismo potendo tradizionalmente contare su una organizzazione e un apparato più forte. Un sospetto che l'ultima rilevazione effettuata per il Tg de La7 da Emg-Acqua rafforza, visto che il Pd tocca il minimo storico dalle elezioni europee attestandosi al 30,5% (-0,7 rispetto la scorsa settimana) contro il 30,2% del centrodestra unito (con Fi al 12,2%).

«Tra qualche settimana milioni di italiani saranno chiamati ad eleggere i sindaci delle loro città» dice Berlusconi in un intervento per i venti anni di Affaritaliani. «Ebbene, dopo aver tergiversato a lungo, il governo ha fissato la data delle elezioni per domenica 5 giugno, alla fine di un lungo ponte per la ricorrenza della festa della Repubblica. La scelta non è quindi casuale, ma è stata voluta proprio per ottenere una minore partecipazione al voto. È per questo che a gran voce chiediamo che si possa votare anche di lunedì, e non soltanto la domenica, per consentire appunto una maggiore presenza di elettori alle urne». Considerazioni che Berlusconi mette in relazione anche a una «fase storica in cui la sinistra ha di fatto sospeso la democrazia in Italia». Un momento in cui è «ancora più necessario che chi fa informazione metta in guardia i cittadini dal pericolo di regime che incombe».

Il tema della data del voto viene analizzato in maniera critica anche da altri esponenti di Fi. Alessandro Cattaneo, ad esempio, fa notare che «si poteva benissimo votare domenica 22 o 29 maggio e l'esecutivo poteva almeno consentire il voto anche lunedì 6 giugno mattina. Non vorrei che le date siano state scelte per avvantaggiare la sinistra al ballottaggio, visto che gli elettori di centrodestra tendono purtroppo a non tornare a votare al secondo turno». Una preoccupazione, quella del ballottaggio, che a Milano viene messa anche in relazione alla necessità di mobilitare l'elettorato leghista, solitamente incline a votare soprattutto per i propri candidati.

Sul fronte romano si resta in una fase ancora tattica e manca chi sia disposto a fare la prima mossa per snellire il fronte dei candidati. Alfio Marchini, dopo i ripetuti inviti di Guido Bertolaso a convergere su di lui tiene duro. «Ritirarmi? Non ci penso proprio. Nei prossimi giorni presenterò il mio programma a Berlusconi e Meloni: poi ciascuno si assumerà le proprie responsabilità.

Qui non vedo Passera romani», anche se «alla fine, nell'ex centrodestra, rimarranno al massimo due candidati».

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