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Berlusconi respinge le offese del leader M5s: "Non siamo artificiali"

Il Cav ha saputo del veto di Di Maio pure sulla Meloni. Oggi coalizione unita dalla Casellati

Maria Stella Gelmini, Silvio Berlusconi e Anna Maria Bernini
Maria Stella Gelmini, Silvio Berlusconi e Anna Maria Bernini

Parla a Luigi Di Maio perché anche Matteo Salvini intenda, Silvio Berlusconi: «Non sono mai stati messi dei veti nei confronti di nessuno». A Palazzo Giustiniani il leader di Forza Italia esce dalla consultazione con la presidente del Senato, Elisabetta Casellati e parla affiancato dalle capogruppo azzurre alle Camere, Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini. Nella sua dichiarazione dice due cose. La prima è, appunto, che tutta la responsabilità dello stallo nelle trattative di governo è del candidato premier grillino e che non si può parlare, come fa il leader della Lega, di veti incrociati, come se lui fosse sullo stesso piano di Di Maio. «Non abbiamo potuto far altro - spiega Berlusconi- che mantenere la nostra posizione. Fi e il presidente di Fi non hanno mai posto veti ai 5 Stelle». È Di Maio, sottolinea il Cavaliere, a insistere sulla preclusione a lui e al partito, respingendo «un accordo con il centrodestra nella sua universalità, nei tre partiti che lo compongono e tacciando il centrodestra di essere una coalizione artificiale, una cosa lontana dalla realtà». Gli hanno riferito che il veto di Di Maio non è solo per lui, ma anche per Giorgia Meloni e Fdi. Il grillino vuole solo la Lega.

Il secondo messaggio è in codice, ma chi vuol capire capisce. «Abbiamo le nostre idee su come potrebbe esser risolta la questione urgente del governo del Paese. Ma non è questo il momento per dichiararle». Berlusconi avverte che l'alternativa al patto con i 5 Stelle c'è, che tutto sommato lui la preferisce e probabilmente pensa al Pd e a larghe intese che potrebbero coinvolgerlo.

Però in questa fase, riferisce il leader azzurro, la richiesta del partito è rimasta la stessa: «Alla coalizione di centrodestra, vincente, spetta di indicare il candidato presidente del Consiglio, e in base ai patti spetta alla Lega». Berlusconi sgombra il campo da sospetti che possa pensare ad un passo indietro. Certo, vuole evitare che Di Maio si butti sul Pd e la sua preoccupazione è che un incarico esplorativo a Roberto Fico favorisca proprio questa strada.

La Casellati è solo al primo giro di consultazioni e il Cav conferma che oggi ce ne sarà un altro. I tre leader della coalizione stavolta si presenteranno insieme. «Dovevo andare in Molise, ma la presidente ci ha pregato di essere ancora disponibili. Probabilmente effettuerà un secondo giro di consultazioni», dice il leader di Fi. Il tour elettorale alla vigilia del voto di domenica dovrebbe essere spostato a oggi pomeriggio. Slitta invece a data da destinarsi la riunione congiunta di ieri dei gruppi parlamentari di FI, in cui Berlusconi intendeva ribadire che il partito è erede della Dc di De Gasperi, che il 18 aprile 1948 ha vinto sul Pci.

Quando Berlusconi torna a Palazzo Grazioli, trova il suo stato maggiore, che ha già incontrato prima di vedere la Casellati. Niccolò Ghedini, Gianni Letta, Bernini, Gelmini e pochi altri fedelissimi gli hanno consigliato di non aprire a «logiche diverse».

«I 5 Stelle non hanno più alibi», commenta Giorgio Mulè, portavoce dei gruppi parlamentari di Fi. Nella sua «lezione di statista», spiega, il Cav «mette definitivamente il M5s davanti alle sue responsabilità. Il tempo degli artifizi lessicali, dei colpi proibiti e delle capriole politiche è finito».

Accusato di aver fatto saltare patto Lega-M5S, con la frase fuori copione al Quirinale, Berlusconi inchioda Di Maio ai suoi veti inaccettabili.

Se propone un «contratto alla tedesca», nota Renato Schifani, dovrebbe «ragionare partendo dai programmi».

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