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Berlusconi: sorprese in vista

Intervista al Cavaliere: "Il voto di oggi? Confido nell'intelligenza degli italiani. A me è stato impedito di fare politica e ora con i suoi la sinistra non applica le leggi"

Berlusconi: sorprese in vista

Un anno di bavaglio, poche settimane di ritrovata piena libertà. Presidente Berlusconi, quanto peserà questo sul voto e sul futuro politico?
«Solo nelle due ultime settimane mi è stato possibile andare in tv per poter spiegare agli italiani le nostre proposte e poterli informare dei tanti e gravi errori che sta commettendo questo governo e che i governi di sinistra hanno commesso nelle regioni da loro amministrate. Per un anno non ho potuto essere presente sui media ma neppure spostarmi in Italia per incontrare i miei sostenitori. In queste due settimane invece mi sono recato in cinque diverse regioni e ho trovato dovunque una accoglienza calorosa, affettuosa, addirittura commovente. Mi sono reso conto che il lungo martirio a cui sono stato sottoposto è stato capito e condiviso ed ha accresciuto lo speciale rapporto di vicinanza e amore tra me e le persone che già mi volevano bene».

Come è stata la politica vista da bordo campo?
«Uno spettacolo non certo esaltante. E sono infatti molti i cittadini che non se la sentono di andare a votare. Sono delusi, disgustati da questa politica e da questi politici e pensano probabilmente che il loro voto non cambierebbe nulla».

Qualcuno dei suoi se ne è andato, altri sono alla finestra. Poteva fare qualche cosa per evitarlo o meglio così?
«Meglio così. Se ne sono andati i professionisti della politica che erano saliti sul carro del vincitore quando faceva comodo e che, interessati soltanto alla propria convenienza, al proprio personale tornaconto, hanno usato Forza Italia come un taxi e ne sono venuti via quando hanno pensato di potersi fare un proprio piccolo o piccolissimo partito di cui poter essere leader. Davvero meglio così».

Pentito di aver rotto il Nazareno?
«È stato inevitabile quando ci siamo resi conto che Renzi non era intenzionato alle riforme nell'interesse del Paese ma che pensava esclusivamente all'interesse suo e della sua parte politica. Il patto del Nazareno era un metodo di lavoro per realizzare insieme, maggioranza e opposizione, quelle riforme che servono all'Italia e che noi avevamo già tentato di realizzare. Renzi, in modo unilaterale, ha anche tenuto il Parlamento bloccato per un anno a discutere solo della legge elettorale e della trasformazione del Senato, imponendoci per ben 17 volte delle modifiche addirittura contrarie all'interesse del centrodestra. Quando poi, anche sulla scelta del nuovo capo dello Stato, che deve essere il garante di tutti, ci ha ignorati decidendo di fare da solo, non abbiamo potuto far altro che ritirarci delusi».

E Matteo Salvini?
«Matteo è felpato nell'abbigliamento ma esuberante nei modi di parlare e di fare. Conto che anche la Lega sarà con noi nel grande progetto di trasformare la maggioranza numerica dei moderati in una maggioranza politica organizzata consapevole del suo ruolo per il governo del Paese».

Negli ultimi giorni l'abbiamo vista in campo: scelta, necessità o vocazione?
«Davvero non avrei mai previsto di dover restare in campo per così tanti anni. Rimango un imprenditore sceso in politica per senso di responsabilità. Nel '94, al fine di non consentire al Partito comunista di prendere il potere. Oggi perché sento ancora la responsabilità di non abbandonare gli italiani che mi hanno dato fiducia per vent'anni nelle mani di una sinistra che ha sospeso la democrazia e non è in grado di far uscire l'Italia dalla crisi».

Tutto questo parlare del successore sta diventando stucchevole: c'è, non c'è, ci sarà?
«Ci sarà di sicuro. Si appaleserà magari inaspettatamente come è successo nella sinistra con Renzi. Spero anzi che ci siano più personalità a farsi avanti in modo che i nostri elettori potranno scegliere tra loro chi giudicheranno più meritevole di fiducia».

Il futuro nel centrodestra sta nelle alleanze o nell'enorme bacino dell'astensione?
«Sono due cose che vanno insieme. Da un lato dobbiamo saper accogliere sotto lo stesso tetto tutte quelle forze politiche, associazioni, comunità, comitati, movimenti e singoli cittadini, che si riconoscono nel nostro progetto liberale alternativo alla sinistra e insegnare a tutti gli elettori moderati che già vanno a votare a dare il loro voto in modo non frazionato. Dall'altro dobbiamo convincere coloro che si sono rifugiati nell'astensionismo, che sarebbe un sacrilegio non votare, un atto di masochismo verso se stessi, i propri interessi e il proprio Paese. Gli elettori di sinistra sono indottrinati e vanno sempre a votare in maniera militarizzata. Occorre convincere gli elettori moderati che il non votare è una colpa grave, l'astensione è addirittura un voto dato alla sinistra».

Il caso Napoli-De Luca. Fatto fuori lei dal Senato, la Severino ora è riformabile. Paese strano, no?
«Noi continuiamo ad essere garantisti. Non ho avuto mai occasione di incontrare De Luca, ma anche per lui occorre aspettare la conclusione dei processi. Sta di fatto, però, che quando si è trattato di applicare la legge Severino, per giunta retroattivamente e quindi in spregio a quella regola fondamentale per cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso (regola consacrata nell'art. 25 della nostra Costituzione e nell'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo), la sinistra non ha esitato ad utilizzarla per estromettermi dal Senato e rendermi incandidabile. Quando invece si tratta di suoi candidati, la sinistra mette in pratica l'antico detto secondo cui per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano».
«Comunque, a prescindere dal giudizio su De Luca e sulla Severino, deve essere chiaro ai campani che Renzi e la Boschi su De Luca si nascondono dietro giri di parole: è vero infatti che De Luca è “candidabile ed eleggibile”, ma se fosse eletto dovrebbe poi essere subito sospeso, aprendo così un vuoto di potere e una crisi istituzionale che potrebbe essere risolta solo con nuove elezioni. Inoltre, e soprattutto, De Luca ha governato male Salerno, il bilancio del Comune è finanziariamente disastrato. Mi auguro davvero che non sia concesso alla sinistra di fare ulteriori danni al bilancio regionale. Mi vengono i brividi a pensare che il “metodo De Luca per Salerno” possa applicarsi all'intera Campania. Caldoro ha fatto uno straordinario lavoro per risolvere i disastri di Bassolino. Ha risanato la sanità facendola passare da oltre 800 milioni di passivo all'anno a un attivo di 250 milioni. Ha aperto 7 ospedali, ha assunto oltre mille medici. Oggi che la Regione ha finalmente basi finanziarie solide si deve continuare col buongoverno e non tornare alle spese inconsulte».

Il presidente Squinzi ha definito alcuni provvedimenti del governo Renzi figli di «una cultura che pensa all'imprenditore come nemico della collettività». Condivide?
«Purtroppo. La sinistra non è mai riuscita a comprendere l'esigenza degli imprenditori, che anzi sono sempre stati considerati dei profittatori che sfruttano i propri dipendenti».

Oggi si vota in sette regioni. Teme più la sinistra o l'astensionismo?
«Dopo i risultati delle ultime elezioni europee (40,1% pari al 20% degli aventi diritto al voto), la sinistra ha cominciato a perdere consenso. Noi non la temiamo, perché sappiamo che siamo noi moderati la maggioranza nel Paese. È Renzi che dovrebbe temerla, perché molti del suo partito lo sostengono solo per opportunismo. Sono saliti sul suo carro perché era il carro del vincitore, ma il carro sta cominciando a rallentare e alla prima grossa buca scenderanno tutti di colpo con la stessa velocità con la quale sono saliti».

Che cosa si aspetta dalle urne?
«Mi aspetto sorprese e confido nella intelligenza degli italiani. Se tutti i moderati, le persone di buonsenso, che sono, ripeto, la maggioranza nel Paese, andassero a votare, vinceremmo 7 a zero. Renzi prima era molto sicuro di sé, ora è molto più cauto perché si rende conto che si sta diffondendo un certo malcontento verso il governo da parte di sempre più numerose categorie sociali, come i pensionati, le casalinghe, le partite Iva, i giovani, i disoccupati, il mondo della scuola, tutte categorie che il suo governo sembra aver dimenticato. Eppure alcune di esse rappresentavano un bacino di voti da cui la sinistra attingeva il suo consenso. Ora non è più così. Renzi lo sa e si preoccupa».

Fino a che punto l'esito può condizionare le sue prossime decisioni?
«Le mie decisioni non dipendono dalla mia volontà. L'applicazione retroattiva della legge Severino mi ha reso, come ricordavo prima, incandidabile e quindi per il momento non posso che essere il suggeritore, l'ispiratore di questa grande mobilitazione, di questa crociata di democrazia e di libertà che affiderò ai miei azzurri visitando tutte le province d'Italia. Confido, tuttavia, che la Corte europea dei diritti dell'uomo ribalti al più presto la sentenza che la sinistra ha utilizzato per estromettermi dal Parlamento».

Per Forza Italia il periodo più duro è alle spalle?
«Ho molta fiducia nel rinnovamento che stiamo portando avanti in Forza Italia e che è visibile già dalle liste per le elezioni regionali, nelle quali abbiamo dato spazio a tanti volti nuovi. Per fare un esempio, in Veneto, su 55 candidati, soltanto quattro erano già stati candidati precedentemente. Se vogliamo realizzare il grande progetto di trasformare la maggioranza numerica dei moderati in una maggioranza politica organizzata, dobbiamo fare riferimento in prevalenza a chi viene dal mondo del lavoro, dell'impresa, delle professioni, della cultura, del volontariato, a persone cioè che si siano distinte per capacità nell'ambito della loro attività professionale e intendano mettere la loro esperienza e le loro competenze al servizio del Paese».

E per il Paese?
«Per liberare l'Italia dalla camicia di forza che le impedisce di muoversi e di crescere bisogna attuare una grande riforma della burocrazia, una grande riforma del fisco, una riforma profonda della magistratura. Queste riforme la sinistra non le farà mai perché più è grande l'apparato burocratico, più la sinistra è in grado di controllare e condizionare la vita dei cittadini. Questo vale anche per le tasse. Renzi non riduce le tasse perché la sinistra ha nella sua cultura il mantenimento e l'espansione del potere e per farlo deve espandere la spesa pubblica e di conseguenza aumentare le tasse. Solo la maggioranza dei moderati, unita in una sola formazione politica, sarà in grado di realizzare una siffatta rivoluzione liberale che è assolutamente indispensabile per la modernizzazione del Paese, per uscire dalla crisi e per garantire ad ogni cittadino italiano di tornare ad essere sicuro dei propri diritti, dei propri beni, della propria libertà.

Cosa che oggi non è».

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