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Berlusconi testa gli alleati: la prova è sul Tedeschellum

Il Cavaliere vuole spegnere le polemiche interne post voto Punta a convincere Salvini e Meloni sul proporzionale

Berlusconi testa gli alleati: la prova è sul Tedeschellum

Non risponde alle provocazioni di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che hanno riscoperto la vocazione maggioritaria e attentano alla sua leadership, ignora la guerra di voti di lista per misurare la supremazia nel centrodestra, non raccoglie gli inviti a ragionare sulla lista unica del governatore ligure Giovanni Toti.

Silvio Berlusconi non ci sta a passare dai festeggiamenti alla rissa interna, subito dopo il voto. Ha indicato la via per le politiche all'indomani delle amministrative - un fronte unito, liberale e moderato - ha lanciato la corsa ad una legge alla tedesca per andare alle urne e ora tace.

Parla per lui l'ex presidente del Senato Renato Schifani, confermando la posizione di Fi sul sistema elettorale tedesco: «Non siamo abituati a cambiare idea facilmente». E ricorda che su quel modello c'era «il consenso di tutti i grandi partiti», prima dell'incidente del voto segreto sul Trentino. Su Facebook anche Renato Brunetta, capogruppo di Fi alla Camera, sottolinea che la Lega «ha votato, in Commissione Affari costituzionali a Montecitorio, per il modello tedesco, una legge elettorale a base proporzionale». Sorprendendosi per l'ultima velenosa dichiarazione di Salvini («Chi vuole il proporzionale vuole l'inciucio, il minestrone e tenere il piede in due scarpe»), commenta: «Non penso che l'amico Salvini, che ha lavorato con Fi, Pd e M5s ad un modello proporzionale, voglia l'inciucio con Renzi o con il Pd. Non lo vuole lui e non lo vuole neanche Berlusconi, chiamato in causa troppo spesso a sproposito dal leader del Carroccio». Meravigliata per la critica di Salvini, l'azzurra Mara Carfagna precisa: «Chi vuole una legge elettorale proporzionale vuole semplicemente garantire una reale corrispondenza tra il voto dei cittadini e la rappresentanza parlamentare».

È quello che ha detto Berlusconi, nella nota di commento alle elezioni. Le stilettate leghiste non lo smuovono e il Cavaliere non si fa trascinare nella polemica. «Era previsto - spiega uno dei suoi fedelissimi - che, forti della vittoria, Salvini e Meloni tornassero alla carica sul maggioritario, insistendo sul successo della coalizione. Ma il presidente lascia sedimentare le fibrillazioni del post-voto, sicuro di poter sempre svolgere un'azione inclusiva, mettendo alla fine tutti d'accordo».

Intanto, sulla legge elettorale, l'accelerata in parlamento è tale che gli azzurri se la litigano. Brunetta chiede di calendarizzare le norme nell'aula della Camera (sono tornate in commissione, dopo il voto che ha fatto saltare il patto tra Pd-Fi-M5s-Lega) tra luglio e settembre e il capogruppo al Senato, Paolo Romani propone invece di ripartire da zero a Palazzo Madama.

Certo, dentro Fi c'è un certo malumore per questo clima che rovina la festa. «Non bisogna soffiare sul fuoco - spiega un deputato azzurro - perché certe polemiche sono anche alimentate dall'esterno, per destabilizzare sul nascere una coalizione che ha vinto alle amministrative. Si mette l'accento su quel poco che divide e non sul tanto che unisce. Per questo Berlusconi preferisce rimanere in silenzio, smussare gli angoli e lavorare sulle cose concrete, il programma innanzitutto, che sarà comune a tutti».

L'ex premier scende a Roma sì, ma per partecipare alla cena di beneficenza organizzata da uno dei suoi più stretti collaboratori, Sestino Giacomoni.

In un ristorante fusion romano lo aspettano parlamentari e coordinatori di Fi, anche l'amico Ennio Doris, perchè la Fondazione «Mediolanum Onlus» raddoppierà la somma raccolta per i bambini malati di tumore.

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