Cronache

La bimba "cavia" che Jolie e Pitt trattano da bimbo

La coppia attiva nei diritti dei gay asseconda la figlia Shiloh, di 8 anni, che vuole farsi chiamare John. Cavia di uno spot educativo

La bimba "cavia" che Jolie e Pitt trattano da bimbo

Povera bambina, e poveri insegnanti, poveri educatori, poveri genitori, poveri nonni, e poveri noi. Che la figlia di Angelina Jolie e Brad Pitt sia una povera bambina nonostante non sia affatto una bambina povera (cambiando posizione cambia il significato dell'aggettivo) penso sia evidente.

I figli dei grandi attori hanno spesso gravi problemi psicologici, l'elenco dei suicidi e delle dipendenze è sterminato perché crescere in casa Brando o in casa Depardieu o in casa Stallone è un privilegio e insieme una condanna: per quanto ti impegnerai non diventerai mai famoso come papà, vivrai sempre di luce riflessa. I figli d'arte bravi quanto i genitori si contano sulla punta delle dita, agli altri non resta che rassegnarsi o impazzire. Perciò credo che la stella di Hollywood adottando bambini in giro per il mondo più che a loro, predestinati a un futuro di ricchi spostati, abbia fatto del bene a sé stessa, aumentando il proprio fulgore mediatico, appagando il proprio narcisismo sfrenato, realizzando la propria trasformazione in Madonna atea, infinitamente bella, infinitamente magra, infinitamente buona, in una parola: un mostro.

Adesso, consentendo ai capricci della figlia biologica Shiloh, che a soli otto anni pretende di farsi chiamare John e vestirsi da maschietto, la madre sta recitando (molto bene, non c'è che dire) la parte dell'attivista omosessualista che accetta benevola qualsivoglia tendenza della prole. Ma c'è dell'altro: col suo ostentato lassismo Angelina si sta dimostrando ottima allieva di Maria Montessori e Jean-Jacques Rousseau, teorizzatori in epoche diverse di quella educazione-non-educazione che ritiene giusto permettere al bambino di essere sempre sé stesso, ossia un piccolo selvaggio. Mentre educare significa precisamente il contrario, significa civilizzare, inserire i giovani nel mondo degli adulti sottraendoli alla caotica deriva degli istinti attraverso esempi e regole.

Ecco perché nell'incipit ho compatito gli insegnanti. Perché nella visione Jolie-Pitt (ammesso e non concesso che quest'ultimo abbia voce in capitolo) asili e scuole non hanno più motivo di esistere, possono al massimo sopravvivere come luoghi di babysitteraggio e parcheggio. E se pensiamo quanto faccia tendenza la magnifica coppia, abilissima nel cogliere ogni refolo dello spirito del tempo, fossi un maestro o un professore mi preoccuperei da subito.

Ma dobbiamo preoccuparci tutti. Il culto della spontaneità ha i suoi prezzi personali e sociali. Un bambino ottenne a cui viene concesso di autodeterminarsi non è una persona libera di esprimersi: è un bambino abbandonato a sé stesso. È ideologia, non è rispetto, e non potrebbe essere altrimenti visto che la diabolica Angelina di cose ne ha rispettate poche nella vita: non ha rispettato il suo corpo insozzandolo di tatuaggi, non ha rispettato i simboli sposandosi in bianco dopo non ricordo quanti figli e quanti mariti, non ha rispettato l'Europa facendosi unire in matrimonio in Provenza da un giudice americano, non ha rispettato la cultura, la lingua, l'origine di uno dei bambini adottati strappandogli il nome etiope per dargliene uno assurdo.

Quella dei nomi assurdi è una sua specialità, magari se Shiloh si fosse chiamata Maria le cose avrebbero preso una piega migliore. Ma nulla è per caso: dare ai figli i nomi dei nonni o dei santi significa inserirli in una tradizione, dar loro nomi senza radici è una pratica nichilista che rompe preziose continuità. Quanti occidentali allocchiti da Hollywood saranno in procinto di chiamare i propri pargoli Shiloh, Chivan, Knox? Poi non c'è da stupirsi che in molte metropoli europee il nome più comune sia ormai Mohammed: così come la natura anche la cultura non tollera vuoti, i popoli che lasciano cadere la propria onomastica vengono sostituiti dai popoli che la propria onomastica (e i significati a essa legati) ricordano benissimo.

538em;">Poveri noi, dunque, e povera Shiloh che adesso non è più una bambina, è la cavia di un grande esperimento educativo anzi diseducativo anzi rieducativo: nonna Jane Pitt, la madre di Brad, ha tentato di comprarle abiti da bambina ma è stata aspramente redarguita dalla nuora, che non si permetta più.

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