Politica

Bin Laden lascia 29 milioni alla jihad

Le ultime volontà ritrovate nel covo dove è stato ucciso: il resto solo a due dei molti figli (ma uno è morto)

Riccardo PelliccettiPer anni dopo l'11 settembre, l'amministrazione americana ha definito Osama Bin Laden un uomo in fuga e incapace di guidare Al Qaeda. Ma i documenti sequestrati nel suo covo di Abbottabad, in Pakistan, dov'è stato ucciso dalle forze speciali statunitensi, dimostrano il contrario. I files sono stati declassificati e resi pubblici dopo un lungo esame da parte delle autorità di Washington e dalla loro lettura si comprende che Bin Laden è stato un leader molto attento alla sua organizzazione e alla sua famiglia fino all'ultimo dei suoi giorni. Tra le carte è anche spuntato il testamento scritto a mano dallo stesso capo di Al Qaeda prima del 2009. Il suo patrimonio personale, probabilmente eredità dell'impresa di costruzioni del suo ricco padre, era in Sudan, dove ha vissuto fino al 1996, anno in cui si è spostato a Jalalabad, nell'Afghanistan governato dai talebani. Nel testamento è scritto che disponeva di 29 milioni di dollari (quasi 27 milioni di euro), gran parte dei quali erano da destinare alla guerra santa. Bin Laden spiegava di aver «ricevuto 12 milioni di dollari da mio fratello Abu Bakir Muhammad Bin (Laden) per conto della società di investimenti Bin Laden in Sudan. Spero, per i miei fratelli, sorelle e zie materne, che ascoltino la mia volontà e spendano tutti i soldi che ho lasciato in Sudan per il jihad. Per amore di Allah». Nelle disposizioni testamentarie, Osama aveva anche individuato due dei suoi molti figli a cui lasciare del denaro in caso di morte, tra cui il suo erede Saad Bin Laden. Ma Saad ha incontrato Allah prima di suo padre, morendo nel 2009 sotto un attacco di droni americani in Pakistan, dopo essere stato rilasciato dalle autorità iraniane, che lo detenevano assieme ad altri famigliari di Bin Laden.Dai documenti emergono anche altre cose. Per esempio tutte le fobie con cui conviveva il leader del terrore. Prima fra tutte la paura di essere intercettato e di essere colpito dai droni. Niente email e contatti via internet ma solo incontri personali o comunicazioni attraverso corrieri fidati. Poi la continua richiesta di nuove Sim per i telefonini, con la disposizione di distruggerle sempre dopo averle usate. La necessità di comunicare la sua battaglia al mondo non gli ha fatto mai perdere però la prudenza, tanto da ordinare la massima cautela nel rilasciare interviste. «Naturalmente si sa quanto siano importanti e come abbiamo bisogno di sfruttare sui mezzi di comunicazione» gli attacchi dell'11 settembre scriveva «sono l'incarnazione delle vittorie dei musulmani».La paura e l'incertezza spesso lo hanno spinto a comportamenti quasi maniacali, come quella di fare scorta di ricette di medicinali in modo da limitare le visite dei medici. E poi le lettere alla moglie, in cui le chiedeva sempre se c'era qualcosa dinsolito nelle sue cure mediche, tanto da suggerirle di fare un'ecografia o una radiografia per individuare eventuali dispositivi di localizzazione inseriti nel suo corpo.

«Vi prego di scusarmi scriveva alla moglie se vi ho logorato con alcuni di questi dettagli».

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