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Bivacchi, spaccio e illegalità. Parma, il gioiellino è distrutto

L'isola felice non c'è più. Il 20% della popolazione è straniera. La criminalità aumenta. E la città non regge più l'"invasione"

Bivacchi, spaccio e illegalità. Parma, il gioiellino è distrutto

Parma - Le botte sono tante, le minacce pure: fra video e testimonianze gli inquirenti di Parma sono molto cauti su quanto accaduto al terminal cittadino dei bus dove un autista, tre giorni fa, ha reagito e poi è stato aggredito da un gruppo di immigrati africani che bivacca sui due lati della stazione, un non luogo, nuovo di zecca che perfino le forze dell'ordine faticano a controllare. Questa è stata la cronaca di un'aggressione annunciata e di una tensione ormai alle stelle. A prescindere da questo ultimo caso Parma non regge più. Un 20% della popolazione risulta immigrata moldavi e rumeni sono «storicamente» sul podio ma da anni i grandi numeri arrivano dall'Africa e con essi anche la piazza dello spaccio e del piccolo crimine ha cambiato liturgia. «Se lasciano le ciabatte, significa che ritornano», spiegano da un bar di fronte alla stazione, a pochi metri dall'ultima aggressione. Qui le risse sono quotidiane, i negozi chiudono presto e molti vorrebbero lasciare. A poco è servita l'ordinanza contro la vendita degli alcolici da asporto. Quando si alza il gomito dal mattino i toni salgono di conseguenza. E poi, quando hai portici ombrosi dove fermarti per una «toeletta» en plein air e dove il wi-fi dei vicini uffici postali ti permette di essere iper connesso, di un ufficio non hai certo bisogno. E allora via in tuta acetata, a passo lento e falcata dinoccolata in attesa della prossima consegna. I più sportivi girano in bici, ma il record dell'ora non è in velocità. E se arriva «la pula» tutti via a piedi scalzi: le dosi si nascondono fin nei muri dei musei di palazzo Pilotta e le ciabatte si recuperano poi. Questa non è la periferia di Parma, ma il pieno centro fra la fontana dedicata alle esplorazioni di Bottego e il monumento alle opere di Verdi. In Questura le braccia non le allargano più, ma abbozzano qualche numero: il loro organico è fermo agli Anni 80. Così ogni giorno dalla polizia di Stato di Reggio Emilia arrivano in supporto dalle 3 alle 5 pattuglie. Ma non basta. In 48 ore, nei giorni scorsi, due persone sono state scippate al bancomat. La lega Nord, leader dell'opposizione, annuncia un'interrogazione parlamentare. Il sindaco Pizzarotti condanna pesantemente gli ultimi fatti ma, né da grillino, né in nuova versione civica, ha saputo per ora trovare una quadra ai temi della criminalità legata a certe fasce di immigrazione. Dal suo blog si occupa anche o piuttosto del caso degli sgomberi a Roma «Li avete lasciati andare alla deriva» ma intanto nella sua città il mare è altrettanto in tempesta. Con un'aggravante: la ferita di errori del passato forse ha allargato troppo alcune maglie. Parma sconta, infatti, un precedente troppo illustre per essere dimenticato.

In principio fu Emmanuel e quel tragico errore che fece del suo cognome il «caso Bonsu» e della sua vita un inferno. Ghanese ormai naturalizzato, a 22 anni, fu scambiato per uno spacciatore e fu fermato, pestato, deriso e umiliato - «Fotografiamoci col negro!» - in un pomeriggio di nebbia del novembre del 2008. Lui stava aspettando di rientrare in aula alle lezioni serali, seduto su una panchina di un parco, ma quegli uomini che gli puntarono una pistola addosso non li scorderà più, nemmeno se ora vive lontano. Allora, coinvolti in uno dei più grandi errori investigativi di sempre, furono agenti della Polizia municipale. Parma non era già più la città della certosa di Stendhal né la petite capitale di Maria Luigia.

Era semplicemente impreparata, come una nobile decaduta, al degrado e ai grandi numeri di un'immigrazione che oggi sta presentando un pesante conto a questo «gioiellino» della provincia italiana.

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